Il caso di Andrea
Andrea è un giovane uomo di 28 anni che si presenta allo studio con una grave depressione, evidenti sintomi dissociativi e ruminazioni ossessive.
Cinque anni prima Andrea ha subito un grave lutto, la sorella, più giovane di due anni, si è suicidata gettandosi dalla finestra del palazzo dove vivevano insieme. Dal giorno della morte della sorella, Andrea ha smesso di studiare e la patologia depressiva è andata gradualmente aggravandosi insieme a stati simili a una trance, alternati a ruminazioni sulle cause della morte della sorella e sulle proprie ipotetiche responsabilità: Andrea si rimprovera di non aver intuito le intenzioni della sorella e di non aver realizzato la gravità del suo stato mentale.
Nel corso del primo anno di terapia è impossibile parlare con Andrea della morte della sorella, la reazione è immediatamente di assoluta disperazione e di ferma richiesta di non parlare di questo argomento perché troppo doloroso per lui. D’altra parte, l’urgenza della sintomatologia alimentare e depressiva e la necessità di “riattivare” nel paziente delle risorse che gli consentissero di riprendere una vita normale orientano la terapeuta verso i classici interventi di tipo cognitivo comportamentale per i disturbi depressivi, integrati con una terapia farmacologica con antidepressivi SSRI. Il trattamento, in una fase successiva, evolve verso una psicoterapia a orientamento cognitivo evoluzionista e verso un’analisi attenta dello stile di attaccamento evitante/disorganizzato del paziente.
Dopo due anni di terapia Andrea sta molto meglio, la depressione è passata, la terapia farmacologica viene sospesa. Andrea si laurea, comincia a lavorare e inizia una relazione con una donna che arriverà alla convivenza. Il tema del lutto, più volte sottolineato dalla terapeuta, è evitato attivamente dal paziente e diventa quella cosa di cui prima o poi dovremo parlare.
Dopo pochi mesi di convivenza i due giovani decidono di avere un bambino, nasce il piccolo Giorgio. A pochi mesi dalla nascita di Giorgio, in seguito a un periodo trascorso a casa dei genitori, Andrea sviluppa di nuovo una sintomatologia depressiva con continue ruminazioni ossessive: il tema della responsabilità di un altro essere umano (che evoca il sottostante tema di colpa e responsabilità per la morte della sorella ancora non elaborato), attiva la paura irrazionale di poter essere involontariamente la causa della morte del proprio figlio, solo semplicemente sfiorandogli il collo (azione che attiva il dubbio di aver avuto l’intenzione di strozzarlo) o che il bambino possa morire per un rigurgito di cui lui o la compagna potrebbero non accorgersi. O – ancora – che lui stesso possa perdere il controllo e ucciderlo o gettarlo dalla finestra.
La terapia si orienta finalmente verso l’elaborazione del trauma, secondo gli schemi delle terapie bottom-up integrando interventi di stimolazione bilaterale alternata come da protocollo EMDR e di terapia sensomotoria, allo scopo di attivare una elaborazione del lutto partendo dalle sensazioni corporee del paziente e bypassando la dimensione cognitiva, già ampiamente presa in considerazione durante i primi anni di terapia.
Frammenti particolarmente significativi della terapia senso motoria.
Paziente: Penso che potrei fare qualcosa e allora mi spavento… Se mi avvicino al suo collo con le mani e’ come se avessi quella sensazione e mi spavento…
Terapeuta: spavento? Si concentri sulla sensazione che ha quando avvicina le mani al collo di suo figlio..
P: è come se mi risvegliassi all’improvviso, come una scossa
T: Una scossa
P: sì, una scossa, io sto tranquillo, me lo sto godendo è il momento del bagnetto, mi capita quando lo spoglio per fargli il bagnetto, mi sto godendo quel momento e all’improvviso faccio così ah ah (arretra di colpo e si immobilizza sulla sedia come agghiacciato) ,
T: (mimando il movimento del paziente che arretra sulla sedia ) Ahcosì?
P: la sensazione è … che vado all’indietro e penso “mio Dio che sto facendo, ma forse volevo fargli…perché io non penso a niente in quel momento … mi sto solo godendo la sensazione piacevole …ma poi..
T: provi un attimo a chiudere gli occhi e a stare su questo ah (mimando il movimento)..quel passaggio
P: sì, penso: mio Dio cosa volevo fare, perché ho le mani sul …. Poi, all’improvviso, è come se aprissi gli occhi, è come se vedessi solo la scena, io che ho le mani sul collo di G., mi concentro solo su questo e penso: perché ho la mano cosi? Che cosa volevo fare? forse dentro di me in realtà non volevo fargli una carezza, io volevo… penso che sto perdendo il controllo, in quel momento mentre mi sto gustando quella bella sensazione …
T: mi sto gustando quella bella sensazione,
P: io non posso godermi questo momento, non posso essere felice,
T: non posso essere felice
P: perchéin realtà sarebbe una cosa bellissima godersi un bambino così bello
T: godersi un bambino così bello … non posso essere felice
P: così simpatico…. La cosa più bella che possa esserci … sarebbe troppo facile
T: stia su “ non posso essere felice”, chiuda un momento gli occhi e provi a rimanere su questa frase, “non posso essere felice”
P: (si concentra e rimane con gli occhi chiusi per qualche secondo), “penso che, sì, faccio subito il collegamento con mia sorella, penso che da quando lei è morta è impossibile essere felici, qualsiasi cosa bella è oscurata dalla sua morte, è impossibile essere felici perdendo una sorella così… in quel modo…”
T: “E’ impossibile essere felici perdendo una sorella così”
P: “Forse non è il ragionamento giusto, ma come posso essere felice?” (piange)
T: “come posso essere felice?….(pausa) … stia su questo.
P: (piangendo più forte) … ma che colpa c’è a essere felici? (Piange ancora) …. Anche perché non posso sfogarmi con nessuno, con nessuno … è tutto chiuso dentro di me … i miei non capiscono … non si sono mai messi in discussione … .
T: “ E’ impossibile essere felici” (pausa) “ con una sorella che e’ morta cosi…”
P: A volte penso all’immagine di quando lei si è decisa, ha aperto la finestra e si è buttata giù, chissà che cosa ha provato” (piange forte) “ mi riviene in mente la sua morte”.
P: “Mi viene proprio la rabbia, perché comunque … si poteva evitare, non le mancava niente, anche lei sarà rimasta intrappolata nei pensieri senza riuscire a uscirne fuori e non si è sfogata con nessuno. I miei erano assillanti e invadenti. L’hanno sempre criticata, oppure erano offensivi, oppressivi”.
T. :… “rabbia”
P: (chiedendo un fazzolettino) … mio padre è gentile ma è anche così severo…
La seduta continua parlando del padre e di una serie di episodi che vengono trattati cognitivamente e in modalità top-down; il paziente appare sollevato, più assertivo, esprime la rabbia verso l’educazione dei genitori.
L’attenzione mirata al corpo riesce, alla fine della lunga terapia di Andrea, ad essere il momento terapeutico di “sblocco” dell’evento traumatico e luttuoso che lo teneva “incatenato” ai sintomi.
* Tratto da: La Rosa C., Onofri A. “Dal basso in alto (… e ritorno) . Nuovi approcci bottom up: Psicoterapia corpo e EMDR. Edizioni Apertamenteweb, 2017, www.apertamenteshop.it
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