Furio Lambruschi e Linda Battilani (2020): Umorismo, psicoterapia e attaccamento, Giovanni Fioriti Editore, Roma, pp. 166, Euro 18.00
recensione di Riccardo Bertaccini
“Umorismo, psicoterapia e attaccamento” a cura di Furio Lambruschi e Linda Battilani è, a mio parere, un libro agile ma denso di contenuti interessanti, innovativi e originali, per certi aspetti anche divertente. Com’è noto, diversi autori in ambito psicologico si sono dedicati allo studio di questi temi, ma questo volume ha il pregio di saper inquadrare in modo coerente e approfondito fenomeni così complessi quali il riso e l’umorismo in un’ottica genuinamente evolutiva, utilizzando la teoria dell’attaccamento come trama di riferimento concettuale. In questa prospettiva, i processi che sottendono il riso e l’umorismo non possono essere ricondotti a specifici meccanismi cognitivi, a tratti di personalità, o addirittura a disposizioni temperamentali, ma a un peculiare stile relazionale, a una strategia interpersonale laboriosamente e faticosamente appresa all’interno dei propri legami primari d’attaccamento, nel tentativo di mantenere un adeguato stato di relazione con le figure affettivamente significative del proprio ambiente.
Già il primo capitolo del volume, in effetti, di carattere introduttivo al mondo del risibile, dà grande rilievo alle funzioni sociali dello humor e ne evidenzia più d’una, delineandone parallelamente i vari generi a esse connessi, dallo humor codificato (in barzellette e storielle) di “consumo quotidiano” a quello intellettuale, “in vivo”, all’ironia, la satira, il sarcasmo, ecc.
La dimostrazione più chiara del valore interpersonale del riso e di come questo particolare segnalatore sociale abbia stranamente a che fare con la paura e con l’aggressività, incorniciate da sicurezza, possiamo trovarla nell’ontogenesi del riso, che viene descritta con dovizia di dettagli nel secondo capitolo: dal suo sorgere, intorno ai quattro mesi di vita, per dirla con gli autori, come meccanismo di “collaudo” della qualità dei legami d’attaccamento in via di costruzione, al suo successivo articolarsi e arricchirsi nell’età prescolare e scolare. Difficile, davvero, trovare in letteratura una trattazione così dettagliata e completa dei diversi aspetti evolutivi del riso.
Mantenendo questa coerenza concettuale, nel terzo capitolo gli autori cercano di osservare come il riso e lo humor possano variamente comparire nello stile narrativo adulto così come si evidenzia nell’Adult Attachment Interview, la ben nota intervista strutturata volta alla valutazione dello stato mentale adulto riguardo alla propria storia d’attaccamento Va precisato che non si tratta di una vera e propria ricerca di tipo quantitativo, ma di uno studio osservativo di carattere qualitativo su un campione di interviste preventivamente codificate da codificatori esperti nel Modello Dinamico Maturativo dell’attaccamento, in cui sono stati evidenziati ed estratti, a titolo esemplificativo, i diversi scambi interattivi connotati da riso e da intenzionalità umoristica, sottolineandone la funzione strategica di protezione dal pericolo e di gestione della relazione. Il lettore è qui condotto a osservare come ogni specifica strategia d’attaccamento, col suo caratteristico stile di regolazione emotiva, finisca per plasmare un proprio specifico stile umoristico.
Su questa base, nel quarto capitolo, gli Autori si spingono a delineare un originale modello dell’umorismo basato sulla prospettiva dinamico maturativa dell’attaccamento che ne illumina e ne dettaglia, appunto, le funzioni sociali già descritte da altre teorie del risibile. Ogni strategia è accompagnata da gustose esemplificazioni, fulminanti battute o storielle che spaziano dal più algido e distanziante humor inglese al più ruvido humor denigratorio e aggressivo.
Infine, l’ultimo capitolo è dedicato al possibile utilizzo dell’umorismo all’interno del contesto clinico, descrivendone in modo stimolante le potenziali implicazioni nel lavoro psicoterapeutico. Comprendere come ridono e per che cosa ridono i nostri pazienti è certamente di grande utilità nella pratica clinica, sia in fase diagnostica, sia durante tutto il percorso terapeutico. Più si riducono le competenze metacognitive nel paziente e più è probabile che nel dialogo terapeutico lo humor compaia in forma “difensiva” piuttosto che “generativa”, sebbene di ogni funzione relazionale venga sempre sottolineata la valenza di strategia protettiva e adattativa al proprio contesto primario di apprendimento. Gli autori, tra le altre cose, delineano un’interessante traccia di lavoro sullo humor difensivo in seduta.
Quando si ride degli altri o di se stessi all’interno di una cornice relazionale paritetico\collaborativa il riso e l’umorismo diventano ingredienti atti a stimolare generativamente nel paziente creatività e nuove competenze metacognitive. Il possibile utilizzo strategico dello humor all’interno del contesto clinico offre al terapeuta un potente strumento per meta-comunicare su aree emozionali e contenuti critici che in una modalità più esplicita sarebbe meno efficace. Lo humor può divenire una sorta di metafora aperta che lascia spazio e stimola il pensiero riflessivo e la capacità di mentalizzazione del paziente, arricchendo così il suo repertorio relazionale di nuovi e più flessibili significati.
Laddove, invece, altri sistemi motivazionali si attivino in seduta, sarà necessario comprendere entro quale assetto difensivo si disponga il paziente per aiutarlo a sciogliere le emozioni critiche sottostanti utilizzando il riso e l’umorismo in modo strategicamente orientato.
Riccardo Bertaccini
Psicologo, psicoterapeuta ad indirizzo cognitivo costruttivista ed evolutivo. Responsabile del Centro Terapia Cognitiva di Forlì e coordinatore dell’equipe clinica di psicoterapia dell’età evolutiva e dell’adolescenza.
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