di Antonio Onofri e Cecilia La Rosa
2017 – Edizioni San Paolo – Prezzo 16,00 euro
recensione di Simone Cheli *
Chiunque eserciti un lavoro intellettuale con una certa costanza corre il rischio di cedere ad una forma di supponenza continentale che fa disprezzare testi divulgativi e di facile accesso al grande pubblico. Dico continentale perché sin dall’oscuro Eraclito, gli europei sembrano indulgere e compiacersi di una certa sfuggevolezza. Resta celebre il dibattito tra Jacques Derrida e John Searle in cui il francese dette all’americano di superficiale, ricevendone l’epiteto di oscurantista (Gutting, 2012).
Devo quindi ammettere il mio subclinico scetticismo nei confronti dei testi divulgativi di psicologia in genere e nello specifico nell’iniziare la lettura dell’ultimo libro di Onofri e La Rosa (2017). Indubbiamente un giudizio di testo “molto ben scritto oltre che accuratamente informativo” da parte di Giovanni Liotti (2017, p. 8) può fungere da viatico nell’affrontare “Trauma, abuso e violenza. Andare oltre il dolore.” (Onofri & La Rosa, 2017).
La prefazione di Liotti introduce anche quello che, a partire dal primo capitolo sulla definizione di trauma, rappresenta a mio avviso il file rouge del testo ed il razionale del mio più che favorevole giudizio sul lavoro di Onofri e La Rosa. Il trauma psicologico rappresenta nella vita di una persona uno spartiacque (Onofri & La Rosa, p. 12) con il quale dovrà per sempre confrontarsi, divenendo un processo potenzialmente cronico di dare senso a se stessi ed al proprio mondo. E “nulla, tranne le più gravi malattie organiche del cervello, può cancellare la memoria di sè” (Liotti, 2017, p. 8), lasciando quindi ai clinici un gravoso compito nell’affrontare simili problematiche.
I due autori hanno pertanto scelto di sviluppare un testo che, pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo, mostra il suo valore sia nella pratica clinica quoditiana che nella troppo spesso sottaciuta domanda psicoeducativa presente nella nostra società.
Ma procediamo con ordine. Il volume è strutturato secondo un format educativo ben poco continentale, in cui, sia per il professionista in cerca di un ripasso, che per il lettore comune in cerca di auto-aiuto, è facile comprendere la struttura del libro, dei singoli capitoli e paragrafi. Da un lato vi è una progressione molto ben concertata di definizioni e storie personali che permette a chiunque di seguire le argomentazioni. Dall’altro schede, bulletpoints, strumenti di autovalutazione e suggerimenti per l’approfondimento forniscono spunti e fissaggi continui per qualsiasi tipo di lettore. Questa struttura editoriale indubbiamente americana (e mi rivolgo ai seguaci dell’oscuro Eraclito), non rappresenta affatto un indice di povertà argomentativa, scientifica o narrativa.
Il libro fonda le sue riflessioni su i capisaldi della moderna traumatologia: (i) la teoria del trauma e della dissociazione formulata da Janet (2016); (ii) il concetto di sviluppi traumatici e le sue interconnessioni con la teoria dell’attaccamento (Liotti & Farina, 2011); (iii) le basi neurofisiologiche del trauma e la teoria polivagale (Porges, 2011); (iv) la riconcettualizzazione dei disturbi post-traumatici in termini di dissociazione strutturale di personalità (van der Hart, Nijenhuis, & Steel, 2006).
Chiunque abbia seguito un percoso terapeutico con una persona con problematiche post-traumatiche e dissociative sa che questo tipo di interventi richiedono una comprensione sovrordinata (ed auspicabilmente fondata scientificamente) ed un costante modulazione del linguaggio e della relazione al fine di favorire un recupero metacognitivo ed interpersonale (Liotti & Farina, 2011).
Ed al di là degli intellettualismi e delle prese di posizione, non possiamo non riconoscere un simile sforzo nell’incedere narrativo del libro di Onofri e La Rosa.
Dobbiamo inoltre interrogarci, nel leggere questo testo divulgativo, su quanto la nostra società sia sempre più caratterizzata da un ricorrersi di sintomatologie e disturbi su base post-traumatica. Per gli sviluppi storici, culturali e politici degli ultimi 20 anni siamo di fronte a quello che potremo definire un entaglement traumatico (Cheli, 2017). Ovvero un intreccio inestricabile di traumi così interconnessi che spesso non riusciamo a percepire tale interdipendenza. Una società in cui le tre narrative forse più ricorrenti sono la crisi dei migranti, il terrorismo globale e la crisi finanziaria non può certo dirsi estranea a processi pos-traumatici cronici e forme di dissociazione strutturale. E tanto più, se ci fermiamo a riflettere, appare lapalissiana questa ricorrenza, tanto meno scorgiamo un’attenzione alle strategie di prevenzione, assessment e supporto a simili problematiche. Dobbiamo quindi augarci che imprese come quella portata a termine da Onofri e La Rosa non restino isolate e vengano diffuse e condivise tra specialisti e non.
Il trauma ed il suo impatto sulle nostre narrazioni autobiografiche è così antico quanto la storia stessa dell’uomo, che non possiamo certo sottostimarne l’importanza. Quello che consideriamo il primo romanzo stesso della nostra storia, l’epopea di Gilgamesh, ruota attorno ad un evento traumatico, ovvero alla perdita inenarrabile di un amico, metafora forse di un’insanabile dissociazione tra le identità del protagonista. E ci ricorda ancora l’ineluttabilità del trauma una volta vissuto, poichè “l’uomo, per quanto alto egli sia, non può raggiungere il cielo” (Pettinato, 2008, p. 323).
* Psicologo, psicoterapeuta, Scuola di Scienze della Salute Umana, Università di Firenze
Centro di Psicologia e Psicoterapia, Tages Onlus
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