Recensione a cura di Eleonora Pietropaoli
Psicologa, Psicoterapeuta. Operatore EMDR. Centro Clinico de Sanctis, Roma
Gli interventi tradizionali non sempre sono sufficienti ad affrontare il senso di minaccia e vulnerabilità delle persone traumatizzate, che tendono a reagire come se fossero in pericolo anche in circostanze che non lo richiedono.
In questo ambito clinico e scientifico, i progressi delle neuroscienze suggeriscono la necessità di spostare il focus terapeutico sull’esperienza corporea per fornire un approccio mente-corpo più unificato al trattamento del trauma.
La complessità dell’esperienza traumatica si ripercuote infatti in ogni ambito della vita: nelle relazioni, nella regolazione emotiva, nel senso di sicurezza, nell’integrazione del sé e nel corpo. Lavorare sul trauma è quindi un compito arduo che comporta non pochi ostacoli. I pazienti traumatizzati, specie se provenienti da storie di traumi cumulativi, presentano infatti una compromissione delle capacità integrative superiori e una distonia nelle risposte somatiche e neurovegetative (stati di iper o ipoarousal).
Dal basso in alto (e ritorno) a cura di Cecilia La Rosa e Antonio Onofri rappresenta appieno una rassegna esaustiva delle nuove strade che si stanno percorrendo nella psicotraumatologia moderna.
E’ un libro sul corpo, ma non solo. Tra le sue pagine, i lettori possono trovare una guida accurata, chiara e pratica, per comprendere lo stretto legame tra corpo e trauma e costruire un progetto terapeutico adeguato e coerente. Ciò che emerge energicamente da questo volume è proprio la possibilità di ampliare il repertorio formativo, introducendo nuovi metodi che abbiano via di accesso al corpo e di affiancarli a quelli tradizionali. Questa combinazione di interventi top-down e bottom-up richiama l’immagine della chiusura di un cerchio, aiutando il paziente non solo a risolvere i sintomi traumatici, ma – e soprattutto- a sperimentare un nuovo e più integrato senso di sé.
Il libro è strutturato in tre parti principali. Nella prima, a partire da Panksepp, passando poi per Janet, fino a giungere al più attuale Porges, sono esposti i fondamenti teorici e i contributi delle neuroscienze necessari a comprendere, prima gli effetti del trauma sullo sviluppo psicologico e neurobiologico e di seguito le implicazioni delle terapie rivolte al corpo. Di particolare rilevanza, a mio avviso, i concetti chiave che chiariscono i diversi ambiti di efficacia (o anche potremmo pensare, diversi tempi per l’efficacia) tra gli interventi top-down e bottom-up nel trattamento dei pazienti con storie di traumi cumulativi e di sviluppo.
E’ di fondamentale importanza, per il clinico, essere a conoscenza delle gravi compromissioni delle funzioni mentali superiori e delle risposte neurovegetative che fanno seguito al trauma. Diviene così possibile decifrare i segnali del corpo, dare loro significato e intervenire coerentemente per migliorare la terapia.
Difatti, quando gli stimoli ambientali rievocano esperienze traumatiche pregresse, le risposte del Sistema Nervoso Vegetativo si attivano autonomamente, prendendo il sopravvento. L’esperienza corporea della persona è estrema, fuori dalla propria finestra di tolleranza. Proprio nei momenti in cui avrebbero più bisogno dell’aiuto del terapeuta, questi pazienti non riescono ad accedere ai processi mentali superiori implicati nella ricezione degli interventi top-down. La loro attenzione è centrata sul turbamento corporeo, non c’è spazio per riflettere sulle emozioni, sui pensieri, sui ricordi traumatici. La parola non passa. E’ necessario allora, intervenire con le tecniche denominate bottom-up, le quali – agendo sulle funzioni mentali evoluzionisticamente più arcaiche – favoriscono la stabilizzazione e l’integrazione dell’esperienza corporea. Si accede alla via che “dal basso porta in alto.”
A seguito di tali premesse, nella seconda parte del testo gli autori presentano i modelli di intervento che si concentrano maggiormente sul somatico e ne spiegano il funzionamento. Vengono presi in esame ad esempio l’EMDR, la mindfulness, il Neurofeedback e vi sono anche capitoli dedicati all’integrazione tra psicoterapia cognitiva e tecniche sensomotorie.
La terza parte è dedicata invece alla clinica terapeutica. Grazie alla presenza di numerosi casi, abilmente descritti dagli autori, quest’ultima sezione diventa l’occasione per veder mettere in pratica la teoria. I diversi interventi si sviluppano in altrettanti contesti di applicazione: dal trauma complesso, ai disturbi borderline di personalità, non trascurando i disturbi alimentari, né tantomeno le disfunzioni sessuali o la depressione post-partum. Il tutto arricchito anche dall’ integrazione tra approcci differenti come ad esempio: psicoterapia sensomotoria e mindfulness, terapia cognitivo evoluzionista ed EMDR, solo per citarne alcuni.
Dal Basso in alto (e ritorno) offre un contributo prezioso ai terapeuti di ogni formazione. Pur essendo ricco di riferimenti teorici che toccano temi complessi come può esserlo quello della neurobiologia, il testo si presenta scorrevole, coerente e coinvolgente. L’esperienza teorica e clinica degli autori è messa a disposizione dei lettori, anche di quelli meno esperti, promuovendo il sapere conoscitivo e le opportunità di fornire alternative di aiuto ai propri pazienti.
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