di Philip A. Ringstrom, 2017, Giovanni Fioriti Editore, Roma, pagine 347, Euro 30.00
recensione di Massimo De Franceschi *
Diciamo subito che il testo di P.A. Ringstrom, Psicoanalisi relazionale e terapia di coppia, edito da Fioriti, 2017 (il testo originario è del 2014), da un certo punto di vista non è un volume facile da affrontare. E non lo è per diversi motivi. Prima di tutto perché davvero, come qualche clinico sostiene, la coppia deve sempre essere considerata come un paziente difficile da trattare e quindi un testo sull’argomento inevitabilmente ne rispecchia la complessità. Poi perché l’argomento viene affrontato tenendo presenti diversi autori che nel passato hanno gettato le basi per una visione alternativa alla teoria strutturale delle pulsioni proposta da Freud, alternativa che vede il desiderio di relazione con l’altro come fondante lo sviluppo psichico degli umani e non derivato dalla necessità di una scarica pulsionale. Sono, infatti, chiaramente richiamati in numerosi passaggi del testo: Sullivan (con la sua psicoanalisi interpersonale), Winnicott e la Klein (psicoanalisi delle relazioni oggettuali), Kohut (psicologia del Sé). Ma anche autori più recenti di fondamentale importanza, primo tra tutti Mitchell, fanno da sfondo, e figura, ai concetti dell’Autore. Un altro orizzonte clinico e teorico che costituisce un ulteriore pilastro dell’approccio dell’Autore è costituito da riferimenti classici della terapia sistemica (es. Bowen). Il collega che non ha frequentato la profondità di pensiero di questi pensatori che hanno sviluppato le loro teorie sul solido terreno della pratica clinica, potrebbe alla prima lettura provare un senso di comprensibile smarrimento. Anche il fatto che i numerosi e sempre presenti temi nella terapia di coppia vengono trattati senza sconti alla complessità può rendere meno immediata la comprensione di alcuni passaggi.
La lettura del testo potrebbe essere anche ostica per chi ancora sostiene “il mito della neutralità” (Paradiso nel suo capitolo introduttivo) del terapeuta e della terapia (ma ce ne saranno ancora davvero?) e per chi non accetta di mettersi in gioco con tutto se stesso nel processo terapeutico. Come del resto sperimenta chiunque lavora con le coppie, non possiamo metterci in una posizione di ‘attesa’ durante le sedute, ma dobbiamo osare una precisa direttività in diversi momenti della terapia e più spesso ancora orientarne strategicamente il processo: per esempio l’Autore chiede a entrambi di fare respiri profondi quando si manifesta una importante disregolazione emotiva in seduta, chiede anche e poi fa rispettare l’impegno di evitare commenti sarcastici sugli interventi del partner e anche riferisce al partner, che interpreta in un certo modo le parole del compagno, la sua comprensione degli stessi enunciati (senza per questo sostenere l’univocità dell’interpretazione che tra l’altro è il tema portante dello step 2).
Ma proprio i terapeuti che potrebbero trovare difficile una prima lettura del volume ne ricaveranno davvero i massimi benefici, perché, come diciamo spesso ai nostri figli adolescenti, “niente che merita davvero si raggiunge senza fatica e impegno”.
E questo volume di pregi ne ha davvero tanti.
Intanto il testo in questione costituisce al momento l’unico che presenta la terapia di coppia nell’ottica della psicoanalisi relazionale: francamente non penso che chi intende fare del lavoro con le coppie una parte non secondaria della sua professione possa permettersi di evitarne la lettura. Il terapeuta di coppia, come argutamente ci suggerisce l’Autore (p. 151), può essere paragonato ad un oncologo che, oltre a sapere che in alcuni casi i pazienti non sono recuperabili, deve attingere liberamente a tutte le forme di aiuto possibile, senza trincerarsi dietro anacronistici integralismi di orientamento. Spaziare dai testi di terapia familiare e sistemica a quelli psicoanalitici, a quelli cognitivo-comportamentali viene spontaneo al terapeuta che ha già dovuto affrontare sulla sua pelle le diverse difficoltà (equilibrismi, velocità, sorprese) della terapia di coppia.
L’Autore, che tra l’altro ha tenuto un seminario a Torino nel 2016, propone già dall’introduzione i tre temi che secondo lui fondano la bontà delle relazioni a lungo termine: la realizzazione dell’esperienza del sé nel contesto di una relazione intima (ovvero l’autorealizzazione in un rapporto intimo), il mutuo riconoscimento delle esperienze soggettive di entrambi i partner, la relazione di coppia come dotata di una specifica mente che agisce sulle dinamiche interpersonali e intrapersonali.
Il primo tema riguarda la fondamentale questione relativa alla domanda: quanto per ciascun partner la realizzazione delle proprie aspirazioni più profonde è favorita o ostacolata dalla relazione con il partner? Il secondo tema riguarda la condivisione degli stati mentali, l’intersoggettività, che assicura il riconoscimento reciproco dei partner. L’ultimo punto approfondisce il tema del ‘terzo’, di una mente di coppia, come elemento co-creato dall’interazione tra i coniugi e come questo poi, ricorsivamente, influenzi la stessa mente dei singoli. I suddetti tre temi vengono approfonditi nei sei step che rappresentano anche il cuore (e i capitoli centrali) del libro stesso. Praticamente tutte le principali tematiche che inevitabilmente si incontrano nelle terapie di coppia sono descritte negli step (che, come ci avvisa l’Autore, non devono essere visti come necessariamente affrontabili in una successione rigida).
Non potendo in questa sede presentare i contenuti di tutti gli step, a titolo di esempio prendiamo in considerazione brevemente solo il terzo (capitolo 4). Questo step affronta l’interpretazione dell’influenza delle storie di sviluppo dei due partner attraverso la ricerca e il collegamento con il presente delle storie di attaccamento, della capacità di mentalizzazione, dei possibili traumi subiti, del background culturale e delle lealtà alla famiglia di origine. Il risultato dell’interazione di queste consapevolezze dovrebbe portare entrambi i partner a riconoscere come le lamentele che vengono portate oggi nella relazione hanno le loro radici nel passato prossimo e remoto di ognuno. Questo step, come tutti gli altri, è impreziosito da una giusta quantità di casi clinici e presenta delle autentiche sorprese come quando, per esempio, in modo folgorante, Ringstrom utilizza metafore che oltre a rappresentare un reale aiuto per la comprensione del lettore, possono anche essere facilmente usate per favorire la comprensione delle proprie dinamiche ai pazienti stessi: vedere la narrazione della propria storia come un lavoro di montaggio cinematografico di scene assemblate dal regista (noi stessi) che lascia sul pavimento della sala una certa quantità di fotogrammi o di pezzi di pellicola che però non rimangono inerti e che rappresentano versioni alternative non conosciute di sé (p. 148), è, mi sembra, un’immagine che difficilmente lascerà la memoria in tempi brevi. Con apparente non curanza, anche in questo step, sono presentate e a volte approfondite tecniche di lavoro in terapia di coppia: per esempio l’autore dichiara di utilizzare per la raccolta delle caratteristiche dell’ambiente di sviluppo un setting predisposto in modo che l’incontro sia centrato su un partner, mentre l’altro è solo in una posizione di ascolto (nell’incontro successivo, ovviamente, avverrà il contrario).
Ringstrom ha anche chiaramente pensato ad una facilitazione dell’apprendimento dei contenuti del testo mettendo alla fine di ogni capitolo un paragrafo riassuntivo (che io consiglio invece di leggere prima del capitolo stesso in modo che costituisca una cornice di riferimento).
Anche la parte conclusiva del testo è di notevole interesse, infatti successivamente ai capitoli che presentano i contenuti dei sei step troviamo un caso clinico descritto proprio a partire dalla trattazione di tutti i sei passi (cap. 8) e un capitolo (il 9) che contiene una breve trattazione di quegli argomenti spinosi che si presentano con regolarità al terapeuta di coppia: sempre le sedute con entrambi i partner? come affrontare la tematica dei possibili segreti rivelati da un partner all’insaputa dell’altro? come intervenire nel caso di violenza coniugale? come trattare le relazioni extra-.coniugali?, ecc.
Il volume termina con due appendici: la prima presenta brevemente, ma in modo chiaro, diversi approcci alla terapia di coppia; il secondo contiene alcune domande che il terapeuta si può porre per affrontare i singoli passi.
In sintesi il testo di Ringstrom è sicuramente utile a diverse categorie di terapeuti: chi ha da poco iniziato a trattare le coppie troverà tutta una serie di suggerimenti impliciti ed espliciti su come affrontare difficoltà ricorrenti e su quali argomenti approfondire; il terapeuta esperto leggerà il libro come una conferma, un utile confronto e uno stimolo sui punti di disaccordo. Spiace che nella prefazione, quando l’Autore ipotizza i terapeuti interessati al suo scritto, cita gli psicoanalisti e i sistemici, senza fare menzione dei terapeuti cognitivisti (che però poi cita in un passaggio), che pure potranno prendere a piene mani il tesoro contenuto nel testo semplicemente trasformando il linguaggio psicoanalitico nel loro linguaggio usuale.
Un’ultima osservazione deve essere fatta sulle qualità, mi viene da dire, morali che traspaiono dallo scritto: in tante parti dell’opera, Ringstrom non riesce a nascondere la sua profonda partecipazione e la sua risonanza emotiva con le coppie che a lui si affidano. Tale fenomeno lungi dall’essere un ostacolo alla comprensione, diventa, nelle sue mani (cuore e mente), un prezioso strumento di intervento clinico.
Per tutti i lettori il testo rappresenta sicuramente un aiuto prezioso per affrontare quello “sport estremo”, eseguito senza lasciare la stanza di terapia, che i terapeuti per nulla timidi amano fare (Dazzi e Albasi nel loro capitolo introduttivo al testo).
* Massimo De Franceschi, Psicologo, Psicoterapeuta Cognitivista presso Consultorio Familiare, insegnante di Psicologia Generale e Applicata presso Scuola Secondaria di secondo grado, Varese
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