Perché non dimagriamo? (di Luca DI SALVO)

Perché non dimagriamo?
di Luca Di Salvo

Parliamoci chiaro, chi di noi non si è mai posto questa domanda o non se la sta ponendo tuttora? Bene, le risposte ci sono, la biologia e la fisiologia umana sono chiare, cercherò allora di spiegare in modo semplice – ma non semplicistico – i motivi dei nostri fallimenti.

Il primo errore che facciamo, quando ci mettiamo a dieta, è quello di voler dimagrire rapidamente, non pensiamo che, così come ci è voluto del tempo per mettere quei chili di troppo e che non   è successo dall’oggi al domani, ci vorrà altrettanto tempo per perderli; chiaramente il tempo aumenterà a dismisura se non saprai come farlo,( è naturale che non ci pensiamo: la prima cosa non prevede uno sforzo, la seconda sì) quindi la prima domanda da porci non è come dimagrire velocemente, ma come dimagrire efficacemente. Viviamo nella cultura degli eccessi, o tutto o niente, senza considerare, che ci sono degli equilibri che vanno rispettati, il primo che rispetta questi equilibri pensate un po’, è proprio il nostro organismo, che per garantire la sopravvivenza attua l’omeostasi e cioè la tendenza del nostro corpo a ricercare continuamente l’equilibrio. I meccanismi di compensazione sono tanti, pensate per esempio al caldo o al freddo, quando abbiamo caldo sudiamo per raffreddare il nostro corpo, quando abbiamo freddo, iniziamo ad avere i brividi e quindi a contrarre i nostri muscoli per non disperdere calore. E ce ne sono molti altri, ma oggi parleremo di ciò che a noi interessa,   ovvero dell’omeostasi energetica (e in particolare del tessuto adiposo) che è determinata da innumerevoli fattori (non sto qui a elencarli tutti, lo faremo più avanti) l’insieme di questi fattori determina la nostra composizione corporea.

Capita che quando una persona decide di mettersi a dieta, con il retaggio culturale degli eccessi, incomincia a tagliare e adotta soluzioni drastiche, magari riesce a farlo per uno o due mesi, magari cala di peso, ma a un certo punto si incontra un blocco oltre il quale non si  scende più, nonostante le poche calorie che introduciamo. Bene, questo noi lo chiamiamo blocco metabolico, uno di quei meccanismi di compensazione dell’omeostasi del tessuto adiposo, il nostro organismo sente che si sta andando incontro a una forte restrizione, difende a tutti i costi quegli adipociti, che magari sono localizzati proprio sull’addome.

A questo punto occorre una seconda domanda: basta la sola restrizione calorica per la perdita di peso?

Il bilancio energetico è regolato dalla prima legge della termodinamica ed è spesso espresso come una semplice equazione:

Variazioni delle riserve di energia = apporto di energia – dispendio energetico

Lo stoccaggio dei lipidi nel tessuto adiposo rappresenta quindi il consumo energetico in eccesso rispetto al dispendio energetico. Sebbene fondamentalmente vera, questa semplice rappresentazione trascura alcune caratteristiche chiave dell’omeostasi energetica in vivo .

Primo, sebbene l’assunzione di cibo sia relativamente facile da misurare, non è altamente precisa. Occorre anche tenere conto dell’efficienza dell’assorbimento di calorie nell’intestino, che è molto più difficile da misurare e di solito viene ignorato nella pratica. Una seconda considerazione è che la risposta del corpo alle alterazioni dell’apporto o della spesa energetica non è un fattore statico. In generale, l’omeostasi energetica è regolata per difendere il peso più alto raggiunto. Pertanto le riduzioni volontarie dell’assunzione di cibo sono contrastate da riduzioni involontarie del dispendio energetico, rendendo la perdita di peso più difficile di una semplice interpretazione che l’equazione soprastante indicherebbe. Nel complesso, il bilancio energetico risponde a vari fattori, inclusi gli ormoni e gli input neurali, oltre a fattori psicologici e culturali.

 

Fatta questa doverosa premessa, la sola restrizione calorica da sola non basta, perché  come abbiamo visto l’accumulo di tessuto adiposo è dato da un equilibrio non solo da quello che introduciamo con l’alimentazione ma anche dalla spesa. Uno influenza l’altro, per cui le calorie non solo sono importanti nella perdita di peso, sono fondamentali, se non andiamo a creare un deficit non possiamo dimagrire, ma è importante saperlo fare nel modo giusto.

Terza domanda, come capire se lo stiamo facendo nel modo giusto?

Da dieci anni, lavoro nel mondo del fitness e credo di poter affermare che l’universo di coloro che si mettono a dieta sia diviso in due grandi categorie: quelli che si schierano dalla parte della qualità e quelli che si schierano dalla parte della quantità. I primi pensano che basti mangiare piatti con prodotti di qualità per dimagrire, non curandosi delle quantità senza dar peso alle calorie, i secondi pensano che riducendo l’assunzione di una categoria, che molto spesso è quella a cui si attribuisce la causa di tutti i mali, come ad esempio coloro che tagliano completamente i carboidrati, automaticamente i problemi di salute e di linea saranno magicamente risolti. La realtà è che entrambi inizialmente spinti dalla motivazione avranno anche dei risultati, ma poi – terminata la spinta iniziale – finiranno con l’assumere più calorie del dovuto, con la convinzione di stare procedendo comunque sulla strada giusta.

La prima cosa da fare quando ci mettiamo a dieta è sapere da dove partire.

Bisogna fare il calcolo dell’Indice di Massa Corporea (IMC, kg/m2) si calcola: dividendo il peso, espresso in kg per il quadrato dell’altezza, espressa in metri, come indice indiretto di adiposità. In secondo luogo, si calcola il peso ideale e fino a qui è tutto chiaro, la terza cosa e  a mio avviso la più importante è la stima del fabbisogno energetico.

Con l’equazione di Harris-Benedict calcoliamo il BEE

Moltiplicando per il livello di attività fisica giornaliera, otteniamo il fabbisogno energetico totale TDEE

Adesso che sappiamo da dove partire, possiamo decidere dove vogliamo andare!

Secondo le raccomandazioni degli standard italiani per la cura dell’obesitá SIO-ADI 2016, il calo ponderale deve essere compreso tra il 5-10% del peso corporeo in 6-12 mesi: 500-1000 g settimana.

Facendo un esempio, supponiamo di voler perdere un 3 kg in un mese, che più o meno corrispondono ad 1 kg ogni dieci giorni. Obiettivo fattibile.

In dietetica sappiamo che ad un chilogrammo di grasso corrispondono più o meno 7000 kcal 7000x3kg=21000 kcal

21000:1 mese (30 giorni) = 700 kcal al giorno.

La prima parte della domanda è stata soddisfatta, sappiamo che dobbiamo creare un deficit ben preciso, che sarà dato dal nostro metabolismo basale, dal nostro livello di attività fisica giornaliera e dalla quantità di peso che vogliamo perdere espresso nell’unità di tempo prestabilita.

Ora, però, dobbiamo fare in modo che quei chili che perdiamo siano di massa grassa e non di massa magra e qui entriamo in una linea sottile che separa il dimagrimento dalla ricomposizione corporea. Perdere massa magra non solo sarebbe un peccato da un punto di vista estetico, anche se in parte inevitabile, conosciamo gli sforzi necessari per costituirla, ma sarebbe un danno funzionale e metabolico, magari questo argomento lo tratteremo più avanti.

Per preservare la massa magra, oltre all’esercizio fisico, parte integrante del percorso, la ripartizione energetica tra i macronutrienti è fondamentale nella perdita selettiva     del tessuto adiposo e nel mantenimento ideale del tessuto muscolare.

Quindi la prima cosa da fare è stabilire l’intake proteico, le proteine dovranno rimanere alte durante il regime ipocalorico, questo sia per preservare la massa magra e il metabolismo, sia per aumentare il senso di sazietà.

La ripartizione di questo macronutriente differisce a seconda della nostra attività e del nostro stato di salute, ma qui – parlando in generale – mi riferisco principalmente alle persone sane che non hanno patologie importanti. Se siamo sedentari, la quota di assunzione consigliata dai LARN 2014 è di 0,8-1g X kg di peso corporeo, mentre – se siamo sportivi – le linee guida salgono fino 2g x kg di peso corporeo in base al tipo di esercizio praticato.

Una volta stabilita la quota proteica, la restante sarà attribuita ai carboidrati e ai grassi. E qui si entra in un altra diatriba sul mondo dell’alimentazione, meglio le diete low-carb o low-fat?

Nel 2006 sulla rivista Nature venne pubblicato uno studio molto importante, sul ruolo del tessuto adiposo come regolatore dell’omeostasi energetica, cominciando a essere considerato non più come un mero deposito ma come un vero e proprio organo endocrino, per tutta una serie di segnali e regolazioni ormonali che ne scaturiscono. Senza addentrarci troppo, si è visto come adipociti e miociti siano in competizione tra loro per il glucosio, che è la fonte di energia principale del nostro metabolismo e la benzina con cui facciamo partire il motore muscolare. Quando il grasso è in eccesso, il muscolo non riesce ad approvvigionarsi in modo corretto, per cui si assisterà a un’alterazione della glicemia, che porterà a insulino-resistenza e, nella peggiore delle ipotesi, al diabete. A seconda del nostro stato fisico dovremmo scegliere o una strada o l’altra, nel caso di obesità grave consiglio una riduzione dei carboidrati mentre se invece abbiamo quei due o tre chili di troppo che ci fanno sentire distanti dal nostro peso ideale consiglio una riduzione dei grassi. Questo è chiaramente una spiegazione semplicistica di un concetto e di un percorso che prevede tante strategie e tanti campi di azione.

Allora qual’ è la dieta migliore?

La parola dieta deriva dal greco e significa stile di vita. Ognuno di noi è diverso, e ogni dieta può funzionare meglio o peggio su un individuo per via dei gusti e delle preferenze personali, che la rendono sostenibile e la cui aderenza potrà essere prolungata nel tempo.

I fattori senza i quali tutto ciò di cui abbiamo parlato non può sussistere sono motivazione e perseveranza.

Riassumendo, abbiamo visto che ciascuno di noi ha un proprio equilibrio, è importante sapere qual’è la nostra condizione prima di prendere qualsiasi decisione. Le calorie sono importanti, ma non solo, altra cosa importante sarà la ripartizione dei macronutrienti che sarà dato dal nostro profilo fisico, psicologico e sociale. La perdita di peso generata da una dieta si arresta nel momento in cui raggiungiamo il nostro stallo o blocco metabolico quindi bisogna agire su questo per continuare ad avere risultati, vuol dire che una volta che si verifichi    un blocco nel dimagrimento, determinato da un regime ipocalorico, bisogna fermarsi, non continuare  a tagliare le calorie, ma consolidare i risultati raggiunti, mediamente per un tempo che va dalle 2 alle 4 settimane, determinando così un nuovo equilibrio metabolico e ormonale. Solo allora potremo ripartire riducendo ulteriormente le calorie.

Questa ciclizzazione della dieta, dove vengono alternati periodi di apporto ipocalorico e periodi di apporto normocalorico, consente il rispetto dei tempi fisiologici di risposta del nostro organismo, la perdita di peso sarà dunque sostenibile e duratura nel tempo, senza stress eccessivi.

Bibliografia

Dossier Scientifico delle Linee Guida per una sana alimentazione, Crea 2018

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What is the Required Energy Deficit per unit Weight Loss? Kevin D. Hall

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Adipocytes as regulators of energy balance and glucose homeostasis Evan D. Rosen1 and Bruce M. Spiegelman2

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Body composition as a determinant of energy expenditure: a synthetic review and a proposed general prediction equation

J J Cunningham

The American Journal of Clinical Nutrition, Volume 54, Issue 6, December 1991, Pages 963–969, https://doi.org/10.1093/ajcn/54.6.963

Project Nutrition, Andrea Biasci dieta-ipocalorica/

A cura di Luca Di Salvo, nurtizionista Centro Clinico de Sanctis Roma

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