MADRE NATURA E AGENCY: COME L’EVOLUZIONE HA MODELLATO L’AGENTIVITÀ

EVOLUZIONISMO E SCIENZE UMANE – rubrica a cura di Cristiano Ardovini (presentazione di Antonio Onofri)

Michael Tomasello: The evolution of Agency: Behavioral Organization from Lizards to Humans. The MIT Press, 2022 [tr. it. Dalle lucertole all’uomo. Storia naturale dell’azione Raffaello Cortina Editore, 2023]
(recensione e commento di Cristiano Ardovini)

Per chi s’interessa di antropologia evoluzionista, e nello specifico, di cooperazione paritetica, il nome di Michael Tomasello non ha bisogno di presentazioni. Da anni, infatti, lo scienziato statunitense è impegnato nell’elaborazione e articolazione di una teoria dello sviluppo dell’intenzionalità condivisa in chiave evoluzionista, i cui aspetti fondanti e distintivi sono tratteggiati, tra gli altri, nel suo volume “Becoming Human. A Theory of Ontogeny”, tradotto in italiano da Raffaello Cortina nel 2019 con il titolo “Diventare umani”.

Nella sua ultima fatica editoriale, qui recensita e commentata, l’attenzione di Tomasello si sposta su una specifica funzione psicologica, l’agentività, con l’obiettivo dichiarato di ricostruirne le diverse tappe di sviluppo, seguendone le vicissitudini nelle diverse specie che nel lento trascorrere del tempo filogenetico hanno condotto alla comparsa di Homo sapiens. Ineludibile, di conseguenza, il ricorso a strumenti teorici quali la biologia comparativa, i modelli interpretativi disponibili sulla cognizione animale, intesi nella loro accezione più ampia e quelli, molteplici, propri della scienza cognitiva moderna. Ne origina un affresco complesso e affascinante, ricco di spunti euristici per la comprensione di un aspetto fondante della psicologia umana e non, in cui elementi diversi della teoria dell’evoluzione si pongono come una metaforica stella del mattino nel guidarne le riflessioni. Tanto da spingere lo stesso Tomasello, nel capitolo conclusivo del volume, a dichiarare quanto questo suo contributo possa alfine intendersi come progetto per una psicologia evoluzionista da rifondare nei suoi assunti costitutivi. Di cui, a più riprese, critica alcuni degli assunti di base, tra i quali, nello specifico, una concezione rigidamente modulare, quindi parcellare, delle diverse funzioni cognitive, intese nel significato, specifico, di adattamenti selezionati da Madre Natura per i vantaggi offerti nei termini di sopravvivenza e capacità riproduttive agli individui che li esprimono.

Il viaggio teorico in cui Tomasello accompagna il lettore nel percorso ricostruttivo dell’agentività, intesa come funzione psicologica organizzata in diversi livelli, prende le mosse da una sua definizione generale, articolata secondo piani distinti e interrelati.

L’autore comincia con identificarne e descriverne gli elementi costitutivi, quali la pianificazione di azioni dirette a scopi biologicamente fondati, la capacità di prestare attenzione a situazioni rilevanti per l’obiettivo durante il processo di esecuzione del comportamento e quella di controllare e autoregolare l’azione con gradi più o meno elevati di flessibilità, così da poterla adattare, sin dal suo incipit di scelta decisionale, alle contingenze del momento in funzione dello scopo/valore da realizzare. A più riprese Tomasello si premura di ribadire come occuparsi di agentività implichi definire, descrivere e comprendere non tanto quali e quanti obiettivi gli organismi perseguano – teoria della motivazione – quanto, piuttosto, quali e quante forme possa assumere il loro comportamento motivato. Ecco allora che la parola d’ordine, il fil rouge che lega le diverse riflessioni in cui il volume s’articola non può che identificarsi con flessibilità, uno dei suoi caratteri distintivi, in grado di distinguere gli organismi dotati della capacità di agentività da quelli che ne sono invece sprovvisti. A sua volta prodotto, per così dire virtuoso, della capacità di esercitare un più o meno accentuato grado di controllo e di regolazione sul comportamento da parte del singolo organismo.

Controllo e flessibilità, quindi, per Tomasello, rappresentano gli elementi fondanti dell’agency, e non intelligenza e complessità del comportamento, aspetti, questi, facilmente riconoscibili anche in organismi in cui l’azione è governata da decisioni prevalentemente meccaniche. Qui, esclusiva è l’attività del biologico, dove poco o nulla viene lasciato alla dimensione ontogenetica propria del singolo, a quel mondo della soggettività che al libero arbitrio rimanda. Tema, questo, di sempre più evidente rilevanza non solo nel mondo delle scienze umane ma anche di quelle biologiche, e di cui l’autore fa menzione in diversi passaggi del suo lavoro. In particolare, interessanti le sue riflessioni sull’argomento in uno dei capitoli conclusivi del volume, dedicato all’intenzionalità condivisa, prerogativa della specie umana e foriera dell’agentività socialmente normativa, sua vetta filogenetica. Il ragionamento seguito da Tomasello contempla la necessità di considerare l’esistenza, nella mente umana, della coesistenza tra una dimensione del biologico, in grado di definire quei limiti invalicabili a cui la dimensione ontogenetica, propria del singolo, è vincolata – definendone così i possibili gradi di libertà. A cui s’affianca una dialettica, irrinunciabile e ineludibile, tra motivazioni “egoistiche” e personali, con la loro specifica agentività, e quelle finalizzate alla condivisione paritetica, nelle sue forme diadica e collettiva, che per quanto fondanti appaiano per il funzionamento psicologico della specie umana, devono trovare un adeguato equilibrio con le prime. Riflessioni che sembrano riecheggiare quelle descritte nella prospettiva proposta da un autore come Giovanni Liotti, con la sua Teoria Evoluzionistica della Motivazione (TEM) e con il suo strettamente imparentato orientamento teorico-clinico cognitivo-evoluzionista, espressione di un’interessante convergenza di paradigmi che riconoscono nella cornice evoluzionista un significativo elemento unificatore.

Tra i principi costitutivi generali dell’agentività, oltre a flessibilità e controllo del comportamento, Tomasello identifica, dal punto di vista strutturale, un modello di funzionamento comune, al di là della sua diversa complessità organizzativa. Il riferimento è a meccanismi di controllo retroattivo – feedback -, identificati e descritti in origine dai modelli cibernetici dell’azione finalizzata allo scopo. È questo, per l’autore, il trait d’union fondante delle diverse forme di agentività, dove i distinti sistemi che le costituiscono tendono a organizzarsi secondo una dimensione gerarchica. Per facilitare la comprensione di questo elemento concettuale del suo modello, la cui complessità potrebbe renderne complicata la comprensione al lettore, Tomasello si avvale di un paio di esemplificative analogie, un condizionatore caldo/freddo e un aspiratore di foglie. Ognuno dei sottosistemi in cui s’articola la struttura complessiva prevede la presente di tre componenti centrali, obiettivi/scopi/valori di riferimento – rappresentazioni ideali perseguite dall’organismo con le sue azioni -, dispositivi sensoriali/percettivi – deputati a monitorare le situazioni rilevanti per il raggiungimento dello scopo – e dispositivi di confronto tra obiettivo e percezione in corso, dal cui funzionamento dipendono sviluppo ed esecuzione di una specifica decisione comportamentale. Ora, una lettura attenta di questo aspetto del modello proposto da Tomasello non può non riecheggiare alcuni degli elementi costitutivi della descrizione dei sistemi comportamentali/motivazionali nella Teoria dell’Attaccamento di John Bowlby e nella Teoria Evoluzionistica della Motivazione di Giovanni Liotti, che ne rappresenta una sorta di ideale prosecuzione/articolazione. Convergenza che in definitiva non dovrebbe in alcun modo stupire, visto che entrambi gli autori nelle loro concettualizzazioni si riferiscono esplicitamente a modelli cibernetici della regolazione e del controllo dell’azione finalizzata allo scopo, come quelli descritti, negli anni Sessanta del Novecento, da autori come Miller, Galanter e Pribram.

Definiti gli aspetti generali propri dell’agentività, l’autore procede, coerentemente con la cornice evoluzionista scelta come riferimento teorico, nel precisare le condizioni ecologiche in grado di agire come fattori di pressione evolutiva nel favorirne comparsa e sviluppo nel tempo filogenetico. Aspetto comune è la presenza di livelli più o meno accentuati di incertezza/imprevedibilità ambientale, in grado di rendere necessaria quella flessibilità nel comportamento preclusa a schemi d’azione organizzati secondo risposte cablate e riflesse, come quelle riconoscibili tipicamente in organismi non agentivi. E il contesto più significativo in cui quell’imprevedibilità si sostanzia altro non è se non quello socioecologico, in particolare in riferimento all’interazione tra organismi nelle diverse attività implicate nel procurarsi il cibo. Tomasello definisce quattro distinte tipologie di sfida socioecologica, esemplificative di quell’incertezza ecologica motore primo dell’evoluzione di quattro specifiche forme di agentività dalla crescente complessità, a loro volta riflesso di capacità cognitive sempre più articolate e sofisticate e da cui origina la nicchia ecologica della specie, dall’autore ridefinita con l’aggettivo esperienziale. E che rimanda, per l’appunto, alla gamma di esperienze dell’ambiente a cui l’organismo è in grado di accedere e di costruire, in virtù della sua architettura motivazionale, delle sue capacità comportamentali e dello strumentario cognitivo necessario per perseguire e realizzare i suoi diversi scopi biologicamente fondati.

Una volta tratteggiati i confini generali del concetto di agentività, Tomasello propone, nei capitoli successivi del volume, una descrizione approfondita e particolareggiata delle quattro distinte forme di agentività, dalla più semplice, propria dei rettili, alla più complessa e sofisticata, appannaggio esclusivo della specie umana, passando per quelle riconoscibili rispettivamente nei mammiferi e nei primati antropomorfi non umani.

La prima forma di agentività pertiene al mondo dei rettili, si caratterizza per il suo essere orientata verso uno scopo e rimanda alla presenza di una sfida socioecologica legata alla relazione cangiante tra predatore e preda. Dal punto di vista strutturale, prevede la presenza di un singolo sistema a controllo retroattivo basato su percezione e azione. In termini di controllo sull’azione – funzione esecutiva – permette di operare decisioni definite da Tomasello come “go-no-go”, in cui di fronte alla percezione e al monitoraggio di specifici stimoli ambientali viene attivato un meccanismo di inibizione globale del comportamento in atto e il successivo e sequenziale avvio di una nuova azione finalizzata. In termini esperienziali, questo primo livello di funzione agentiva rende l’organismo senziente, in grado di percepire lo stato del mondo dalla prospettiva di opportunità/ostacoli alla realizzazione dei propri obiettivi, ma non ancora cosciente. Prospettiva interpretativa sulla coscienza, questa, di certo differente da quella proposta e sostenuta dal neurobiologo Antonio Damasio e che trova una sua patente espressione in lavori come “Lo strano ordine delle cose” e “Sentire e conoscere. Storia delle menti coscienti”.

L’agentività intenzionale, la seconda tipologia descritta da Tomasello, fa la sua comparsa con la linea evolutiva dei mammiferi. Sua precipua caratteristica è la dimensione dell’intenzionalità all’azione, che precede il comportamento manifesto e ne favorisce una più articolata flessibilità. In termini di controllo esecutivo, permette all’organismo di operare decisioni del tipo “o-o”, in cui a porsi quale elemento fondante è la simultaneità nel processo di elaborazione di piani d’azione molteplici e alternativi. Da un punto di vista strutturale, l’agentività intenzionale origina dalla presenza di un livello esecutivo di funzionamento psicologico, gerarchicamente sovraordinato a quello di percezione/azione proprio dei rettili e finalizzato a permettere la pianificazione delle diverse azioni, la loro simulazione cognitiva e il controllo online dell’esecuzione del comportamento. Trova le sue fondamenta in un’architettura motivazionale più complessa e flessibile, permessa a livello cerebrale dalle diverse strutture del sistema limbico, in uno strumentario cognitivo più articolato, sostanziato nella presenza di una ben riconoscibile neocorteccia e in evidenti cambiamenti della trattoria ontogenetica dell’organismo – storia di vita – come il progressivo dilatarsi in termini temporali della fase di raggiungimento della maturità, che s’accompagna allo sviluppo di più complesse forme di apprendimento. L’imprevedibilità socioecologica in grado di stimolarne lo sviluppo s’identifica, per l’autore, con la comparsa della dimensione della socialità e il conseguente sviluppo di dinamiche competitive nelle attività di foraggiamento. Sul piano esperienziale, infine, una simile organizzazione psicologica sancisce la comparsa della dimensione della coscienza, per Tomasello identificabile con la capacità dell’organismo di prestare attenzione ai propri obiettivi/valori, azioni e alla relazione che li lega, potendone così acquisire consapevolezza. Una coscienza, beninteso, nella sua forma più semplice, che solo in termini embrionali sembra contenere un elemento di quell’autoconsapevolezza così evidente nella specie umana, identificabile nella sensazione d’incertezza sperimentata dall’organismo di fronte alla necessità di scegliere tra le diverse opzioni comportamentali disponibili.

Si arriva così, nel trascorrere del tempo filogenetico, all’agentività razionale, la terza tipologia proposta da Tomasello, propria dei primati antropomorfi. Si caratterizza per la capacità di organizzare le azioni dirette a uno scopo secondo principi logici e riflessivi.

La dimensione logica rimanda alla possibilità di identificare e comprendere le cause alla base degli eventi del mondo fisico e di quello sociale. Rispetto al contesto fisico, favorisce la riproduzione di un effetto desiderato attraverso un processo autonomo di generazione delle cause in grado di originarlo. Nel caso del contesto sociale, invece, permette di comprendere le intenzionalità dei conspecifici, manipolandone eventualmente i comportamenti per le proprie personali finalità e di stimolare lo sviluppo di nuove forme di apprendimento per emulazione e imitazione – apprendimento sociale.

La dimensione riflessiva si esprime con la rappresentazione a livello cognitivo del processo decisionale in atto, che può così essere sottoposto a livelli di monitoraggio e regolazione sempre più sofisticati. Fa allora la sua comparsa, e per la prima volta in termini filogenetici, nel funzionamento psicologico dell’organismo quella dimensione indicata di solito con il termine di metacognizione.

Su un piano strutturale, l’agentività razionale si avvale di un’organizzazione composita in cui ai due livelli tipici, rispettivamente, dei rettili e dei mammiferi – percezione/azione e livello esecutivo – s’affianca un secondo livello esecutivo, la cui funzione, gerarchicamente sovraordinata, s’identifica con la regolazione, il monitoraggio e controllo dell’intero sistema. È all’attività di questo secondo livello esecutivo che si deve quella capacità dei primati antropomorfi di acquisire consapevolezza dei propri processi decisionali e che, come detto, alla metacognizione rimanda. E che rappresenta l’elemento decisivo nel definire la loro nicchia esperienziale, tutta centrata sulla dimensione della razionalità, intesa nella semantica degli economisti – organizzazione di azioni intelligenti finalizzate alla realizzazione di obiettivi specifici – e nell’accezione a cui rimanda l’aggettivo computazionale – valutazione dei costi implicati dalle diverse scelte comportamentali distinte. Ma in cui non è però ancora prevista una dimensione socialmente normativa, patognomica ed esclusiva della specie umana. La sfida socioecologica in grado di fare da propulsore allo sviluppo di questa terza forma di agentività rimanda alla presenza, tra i primati antropomorfi, di livelli di competizione intraspecifica per il foraggiamento ancor più accentuati rispetto a quelli già presenti nei mammiferi. A loro volta riflesso di preferenze alimentari per specifici cibi, come la frutta, la cui distribuzione dal punto di vista ecologico comporta contesti dalle dimensioni ridotte e vie d’accesso limitate.

È con la descrizione dell’agentività socialmente normativa che si conclude il lungo viaggio intrapreso da Tomasello nel suo tentativo, ambizioso e complesso, di delineare una storia naturale di questa articolata funzione psicologica. È infatti questa la quarta e ultima forma di agentività che l’autore riconosce, considerandola prerogativa esclusiva della specie umana e riflesso diretto della comparsa sulla scena evolutiva dell’intenzionalità condivisa – espressione di cui cooperazione paritetica può essere considerata, a tutti gli effetti, sinonimo. Due le sue transizioni nel trascorrere del tempo evoluzionistico, la dimensione diadica o congiunta – a partire da 1 milione di anni or sono, con il suo plausibile completamento circa 400.000 anni fa, con Homo heidelbergensis – e quella gruppale/culturale – Homo sapiens, ben prima della comparsa dell’agricoltura.

Sua caratteristica fondante è lo sviluppo di una nuova modalità di controllo e regolazione dei comportamenti finalizzati allo scopo da parte dell’individuo. Il riferimento è alla cosiddetta autoregolazione normativa, dove le azioni individuali sono scelte e organizzate non più soltanto sulla base di una prospettiva personale ma anche e soprattutto in conformità agli standard normativi propri delle diverse forme dell’agentività condivisa.

L’agentività socialmente normativa che dall’intenzionalità condivisa diadica sfiocca si sostanzia in specifici adattamenti psicologici, derivati dallo sviluppo di nuove abilità cognitive di comunicazione cooperativa e attenzione congiunta e resi possibili da patenti cambiamenti delle caratteristiche del cervello umano, quali lo straordinario ampliamento delle sue dimensioni e l’evidente incremento di complessità della sua architettura. Significativo evidenziare come la prima forma di agentività socialmente normativa ne arricchisca l’organizzazione strutturale complessiva, integrando il livello dell’IO razionale – già presente nei primati antropomorfi non umani e centrato su perseguimento e realizzazione di obiettivi individuali – con due ulteriori livelli interconnessi, quello del NOI e del ME. Il primo si identifica con un sistema a controllo retroattivo il cui funzionamento è finalizzato alla costruzione e al mantenimento di una dimensione relazionale collaborativa. Il secondo, subordinato al NOI, prevede che ciascun individuo della diade cooperativa sia impegnato a rivestire uno specifico ruolo al servizio dell’obiettivo comune concordato. Ben si comprende, così, sulla base di una tale concettualizzazione, come l’organizzazione complessiva dell’agentività, acquisendo il suo carattere socialmente normativo, assuma livelli di complessità sempre maggiori e articolati, pur mantenendo, al contempo, una sua continuità rispetto alle forme precedenti nei suoi elementi fondanti, quali organizzazione gerarchica e funzionamento a controllo retroattivo. E quali sfide socioecologiche, secondo Tomasello, ne hanno favorito la comparsa? Ancora una volta, secondo l’autore, il primum movens in tal senso va ricercato in pressioni selettive legate a cambiamenti nelle pratiche di foraggiamento, dovuti alla presenza di competizione interspecifica tra umani arcaici e scimmie terricole, in grado di spingere gli ominidi nella direzione di modalità di procacciamento del cibo cooperativamente obbligate. A cui sarebbero seguiti, nel tempo filogenetico, mutamenti ecologici tali da favorire la comparsa di selvaggina di medie/grandi dimensioni, la cui caccia, molto remunerativa dal punto di vista del valore nutrizionale e da quello meramente quantitativo, avrebbe richiesto il ricorso a modalità relazionali di intenzionalità diadica, confermandone così l’importanza dal punto di vista adattativo. Un’ipotesi, questa, che riecheggia quella elaborata dall’antropologo Cristopher Boehm nel suo interessante lavoro “Moral origins. The evolution of virtue, altruism and shame”, in cui viene delineato un possible percorso filogenetico per lo sviluppo della moralità nella specie umana.

Come per ogni altra forma di agentività, anche nel caso di quella socialmente normativa derivata dall’intenzionalità condivisa diadica, la sua comparsa crea le condizioni per lo sviluppo di una specifica nicchia esperienziale. L’elemento distintivo che la caratterizza rimanda alla costruzione di mondi condivisi esperiti attraverso lo sviluppo di prospettive comuni e ricorsive tra individui organizzati secondo un’agentività collaborativa, in cui centrale si fa l’esperienza del rispetto reciproco e quella, complementare, della reciproca responsabilità nei confronti dell’impegno congiunto. Espressione a tutti gli effetti di stati mentali e attitudini di natura morale, che fanno così la loro comparsa per la prima volta sul palcoscenico della filogenesi come filiazione diretta dell’esercizio di una dimensione motivazionale/relazionale di intenzionalità diadica.

E si arriva, così, all’intenzionalità condivisa collettiva, espressione della crescente espansione delle prime realtà gruppali, favorita dal progressivo sviluppo di pratiche culturali via via più complesse e articolate come l’agricoltura. È la competizione tra gruppi a rappresentare il motore propulsivo in grado di favorirne lo sviluppo, visto che realtà collettive più coese e collaborative tendono a prosperare nei confronti di quelle che meno si avvalgono di una dimensione relazione cooperativa e paritetica. È poi sulla base della nascente intenzionalità collettiva che viene a costituirsi quel senso d’identità e d’appartenenza al gruppo così tipico dell’esperienza psicologica umana e da cui origina una seconda forma di agentività socialmente normativa. L’organizzazione comportamentale con i suoi diversi meccanismi di controllo e regolazione trova così i suoi riferimenti nell’elaborazione di un complesso corpus di norme sociali, che arrivano a definire le modalità di pensiero e di comportamento “giuste” e “oggettive”. Aspetto fondante, questo, della nicchia esperienziale derivata dall’esercizio di un’agentività socialmente normativa di tipo collettivo, sostanziato nella costruzione di un mondo oggettivo e normativo al tempo stesso, che sussume le variegate visioni del mondo intrattenute dai singoli individui. Ecco, allora, la nascita di regole, valori e istituzioni culturali, riflesso di accordi sociali più o meno ampi, in grado di regolare e governare i comportamenti e l’esistenza stessa dei soggetti che a quella realtà collettiva appartengono. Come quando frammenti di carta o conchiglie vengono trasformati in denaro dal pensiero collettivo o quando un consensuale processo di elaborazione culturale origina più o meno complesse realtà istituzionali quali il matrimonio. Cose, per così dire, assenti in quanto tali nel mondo naturale ma presenti in termini di concretezza e rilevanza in quello culturalmente condiviso.

Dal punto di vista strutturale, l’organizzazione agentiva, all’interno del suo costitutivo carattere gerarchico, si arricchisce così di un nuovo livello sovraordinato, rappresentato da un NOI culturale, la cui funzione è regolare l’attività dei due livelli sottostanti, l’IO e il NOI DIADICO.

Coerentemente con tutto il suo impianto teorico precedente, Tomasello considera le due distinte forme di intenzionalità condivisa, con le dimensioni agentive che ne derivano, come la vetta dell’organizzazione psicologica degli organismi viventi, il vero piano di clivaggio tra umani e le diverse specie di animali non umani. A tal punto da rappresentare i mattoni costitutivi e fondanti di una specifica forma di coscienza, identificata dall’autore con il termine self-consciousness o autocoscienza. Ora, pensare alla dimensione motivazionale/relazionale della cooperazione paritetica come l’apice dell’organizzazione psicologica non implica, però, destituire di esistenza e di valore quelle dimensioni motivazionali che si fanno linfa degli altri e diversi livelli in cui si sostanziano le distinte forme di agentività individuali. Tutt’altro. Significa dover immaginarne un’obbligata coesistenza, con la conseguente possibile espressione di conflittualità motivazionali, la cui soluzione di certo non sempre si presenta agevole. E che, soltanto negli esseri umani, arriva ad assumere, fenomenologicamente, la forma di autentici dilemmi morali, che alla dimensione della normatività in definitiva rimandano.

Il viaggio nel tempo filogenetico intrapreso da Tomasello con la finalità di tratteggiare una storia naturale dell’agentività è così giunto alla sua conclusione. Il lettore che ha scelto di seguirlo nelle sue diverse tappe in cui ne emerge arricchito di molteplici ed euristici spunti di riflessione su temi la cui importanza per una più articolata comprensione dell’esperienza umana non può di certo essere taciuta. E che conferma, laddove ce ne fosse ancora bisogno, di come l’assunzione di un paradigma di riferimento radicato nelle scienze biologiche, quale la teoria dell’evoluzione, non implichi in alcun modo atteggiamenti riduzionistici, volti a destituire di valore la centralità in termini conoscitivi di un’accurata esplorazione della psicologia e della soggettività dei viventi tutti, e in particolare degli esseri umani.

14 Aprile 2023

Cristiano Ardovini
Medico, Psicoterapeuta, ARPAS Roma

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

  • Tomasello, M. Becoming human. A theory of ontogeny. Belknap Pr, 2019  Tr. it. Diventare umani. Raffaello Cortina Editore, 2019
  • Liotti, G. Le opere della coscienza. Psicopatologia e psicoterapia nella prospettiva cognitivo-evoluzionista. Raffaello Cortina Editore, 2001
  • Damasio, A. the strange order of things. Life, feeling, and the making of cultures. Vintage, 2018 Tr. it. Lo strano ordine delle cose. Adelphi, 2018
  • Damasio, A. Feeling & knowing. Making minds conscious. Pantheon, 2021. Tr. it. Sentire e conoscere. Adelphi, 2022
  • Bowlby, J. Attachment and loss. Vol. I Attachment   Chatto & Windus, 1969 Tr. it. Attaccamento e perdita. Vol.1 L’attaccamento alla madre. Bollati Boringhieri, 1999
  • Boehm, C. Moral origins. The evolution of virtue, altruism, and shame. Basic Books, 2012

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