L’8 Maggio del 2020, Medscape Psychiatry (https://www.medscape.com/viewarticle/929632#vp_2) ha messo in rete una conversazione tra tre medici psichiatri -il professor Strakowski, Ricercatore e Professore di Psichiatria presso la Università Dell School of Medicine del Texas, il Prof. Nassir Ghaemi, esperto di Psichiatria e Psicofarmacologia , e il Prof. Andy Keller, Presidente e CEO de Meadows Mental Health Policy Institute del Texas , a proposito delle possibili proiezioni riguardanti i tassi di suicidio e l’abuso di sostanze, correlate alla pandemia del CODIV 19.
Abbiamo pensato di rendere un servizio utile nel tradurla e commentarla per ApertaMenteWeb.
L’oggetto primario di conversazione tra queste figure mediche ha riguardato l’impatto che la pandemia da coronavirus potrebbe avere sull’ aumento del rischio di suicidio nella popolazione. L’attuale condizione è sicuramente senza paragoni, dal momento che tutte le precedenti recessioni economiche sono state imputabili o a disastri finanziari oppure a disastri ambientali, in questo caso, invece, tali circostanze si sono presentate contemporaneamente. Gli studiosi prendono in esame varie condizioni per poter anticipare ed eventualmente risolvere il rischio di un maggior tasso di suicidi e l’ aumento di uso di sostanze. Prima di parlare dei dati è importante tenere a mente che a volte le proiezioni possono essere sbagliate, ma allo stesso tempo molto utili. Ovvero, ci possono essere due modi in cui le proiezioni possono essere errate. A volte ciò accade quando si guarda a un unico set di variabili, alcune delle quali negative. Ci potrebbero infatti essere altre variabili che devono essere vagliate, così da rendere il suicidio prevenibile e trattabile.
Gli psichiatri si augurano infatti che questi dati siano utili al fine di intervenire laddove vi siano atteggiamenti suicidari.
Si sono ipotizzati diversi scenari, a partire da un 5% di crescita della disoccupazione fino a un 20% di aumento della disoccupazione; il 20% realmente è meno di ciò che è accaduto durante l’esperienza della Grande Depressione del 1929, e il 5 % è più o meno quello che è accaduto durante la Grande Recessione nella scorsa decade. Oggi speriamo di poter fare qualcosa al riguardo. Una delle sfide maggiori rappresenta il fatto che proprio gli interventi messi in atto per evitare la diffusione del COVID 19 possano, come loro effetto contrario, promuovere le condizioni che sappiamo favorire l’ideazione suicidaria: isolamento e ritiro sociale, contatti interpersonali limitati.
L’immagine sottostante si riferisce al tasso di suicidio misurato dopo la crisi finanziaria del 2008 a Milano. Ciò che appare interessante è che una cospicua letteratura ha dimostrato che i tassi di suicidio sembrano essere costantemente elevati nel momento in cui l’economia funziona abbastanza bene, come è stato negli Stati Uniti negli ultimi 5- 10 anni. Nel 2008 a Milano, se si osservano i tassi di suicidio rappresentati dalla linea grigia, la situazione non sembra essere cambiato molto dopo la crisi economica. Nonostante infatti i tassi di disoccupazione fossero in crescita, raffigurati dalla linea nera, la situazione economica non sembra correlare con il rischio di suicidio ciò che invece appare come una chiara correlazione con la disoccupazione é il tasso di malattia psichiatrica e di problematiche mediche, che noi sappiamo essere invece i maggiori rischi. Come menzionato prima, i modelli sono poco chiari delle volte.
I dati di Milano suggeriscono che la popolazione in generale si mostri piuttosto resiliente. I rischi maggiori sembrano riguardare le persone con condizioni psichiatriche precedenti, o con malattie croniche. Probabilmente dovremo dedicare una particolare attenzione a questo campione di soggetti. Com’è stato già detto, il suicidio ha rappresentato un tema di grande interesse negli ultimi anni. Sappiamo che ci sono dei pattern stagionali che consistono in picchi durante la primavera e l’autunno. Infatti, i mesi che riportano i tassi più alti di suicidio sono proprio Aprile e Maggio, ovvero esattamente il periodo in cui ci troviamo. Se si dovesse affrontare una seconda ondata di contagio in autunno, potremmo trovarci di fronte a un aumento del tasso di suicidi, ed è perciò necessario porre molta attenzione a questi fattori di rischio.
Stando a quanto pubblicato fino ad oggi, il primo caso di suicidio relativo al COVID 19 si è verificato in Bangladesh. Ha riguardato un abitante di un villaggio che era stato stigmatizzato a causa della positività al virus. Vi è stato poi un altro caso, riportato dalla BBC, di un abitante musulmano di un villaggio in India, anch’egli vittima dello stigma da parte dei suoi coabitanti. Dopo essersi suicidato è stato trovato negativo al virus. Si ritiene inoltre che forse nei paesi in via di sviluppo, dove esistono già conflitti di ordine religioso ed etnico, vi siano dei fattori di rischio più elevati rispetto ai tassi di suicidio. Questi sembrano essere veramente degli aspetti interessanti. Una preoccupazione crescente riguarda la popolazione tra i 15 e i 24 anni. In questa fascia di età risulta essere molto importante l’accettazione da parte del gruppo dei pari, pertanto il rischio di essere stigmatizzati è molto elevato, così come sono elevate le conseguenze in termini di gravità.
E’ stato previsto anche un aumento dell’abuso di sostanze come effetto della pandemia.
Osservando i tassi di suicidio degli ultimi anni non è stata osservata una modificazione significativa all’interno del tessuto urbano, mentre nelle piccole comunità, e nelle zone più rurali, i suicidi sono aumentati vertiginosamente, al pari dell’ uso di sostanze. Il gruppo di cui si è fatto prima menzione, ovvero le persone più giovani e gli adolescenti, appaiono come quelli più a rischio, anche se in assoluto il gruppo più a rischio di ogni altro resta la fascia di età sopra i 50 anni. Esiste una proiezione che riguarda un aumento di oltre 100.000 casi di abuso di sostanze come effetto possibile della recessione economica e i dati mostrano che tali casi porterebbero a un aumento delle morti per overdose, tutte riferite a droghe illegali senza includere l’alcool.
Quali sono quindi le cose che vanno fatte in modo diverso durante questa pandemia per poter tenere sotto controllo le potenziali conseguenze? Bisogna essere innanzitutto consapevoli delle ciclicità stagionali e aumentare l’attenzione al rischio suicidario di questo momento specifico, in Aprile e Maggio, e poi nuovamente durante l’autunno. Un altro aspetto riguarda il fatto che il rischio più grande sarà immediatamente successivo alla fine della crisi, sebbene essa possa tramutarsi in una crisi costante o comunque di lunga durata. Al momento attuale non ci troviamo nella fase più alta del rischio, che potrebbe verificarsi tra 3-12 mesi a partire da ora. E’ opportuno prepararsi a gestire ciò che veramente le persone si troveranno davanti. Uno degli aspetti più comuni, per esempio analizzando i dati del Texas dopo un uragano, riguarda i tre mesi successivi all’ evento perché è a quel punto che la resilienza delle persone sembra cominciare a venire meno. E’ pertabto raccomandabile implementare quanto più possibile le cure primarie, poiché se non si espande la possibilità di rilevare e trattare le patologie psichiatriche in modo precoce sarà difficile, poi, riuscire a contenerle.
29 Maggio 2020
Ludovica Bedeschi
Psicologa, Psicoterapeuta SITCC e EMDR, Centro Clinico de Sanctis, Roma
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