Metodologia
Hanno partecipato allo studio 50 terapeuti italiani ad indirizzo psicodinamico. Di questi il 79% erano di sesso femminile con un’età compresa tra i 27 e i 52 anni con una media di 32.4 anni (SD= 4.8). L’esperienza clinica dei terapeuti variava dai 2 ai 10 anni con una media di 4.
Ogni clinico ha fornito i trascritti verbali di 2 sedute consecutive di un paziente a loro scelta. Il 58% dei pazienti aveva una diagnosi di disturbo di personalità, il restante presentava un disturbo mentale diverso dal disturbo di personalità.
Hanno partecipato allo studio 50 terapeuti italiani ad indirizzo psicodinamico. Di questi il 79% erano di sesso femminile con un’età compresa tra i 27 e i 52 anni con una media di 32.4 anni (SD= 4.8). L’esperienza clinica dei terapeuti variava dai 2 ai 10 anni con una media di 4.
Ogni clinico ha fornito i trascritti verbali di 2 sedute consecutive di un paziente a loro scelta. Il 58% dei pazienti aveva una diagnosi di disturbo di personalità, il restante presentava un disturbo mentale diverso dal disturbo di personalità.
I trascritti sono stati analizzati con il Therapisth Attunement Scale (TASc) per misurare lo stato di attaccamento e codificare la sintonizzazione.
Ad ogni terapeuta è stato inoltre somministrato l’AAI (Adult Attachment Interview) per verificare lo state of mind e la validità di costrutto del TASc , e la WAI-T (Working Alliance Inventory Therapist-rated version) per valutare l’alleanza terapeutica e contemporaneamente indagare la validità divergente del TACs.
Ad ogni terapeuta è stato inoltre somministrato l’AAI (Adult Attachment Interview) per verificare lo state of mind e la validità di costrutto del TASc , e la WAI-T (Working Alliance Inventory Therapist-rated version) per valutare l’alleanza terapeutica e contemporaneamente indagare la validità divergente del TACs.
Risultati e discussione
Il TASc ha mostrato affidabilità interna e stabilità a livelli eccellenti. E’ inoltre emerso una correlazione altissima (k=.81) con l’AAI, mentre non emergono correlazioni significative con la WAI-T ad evidenza di una preliminare validità divergente.
I risultati confermano le ipotesi di partenza mostrando che terapeuti con modelli di attaccamento differente presentano distinte modalità con le quale si sintonizzano sui loro pazienti. Lo stato di attaccamento, dunque, influenza considerevolmente il processo terapeutico e le modalità di sintonizzazione sembrano relativamente indipendenti dalle caratteristiche individuali del paziente.
Data l’alta correlazione con l’AAI, lo studio mostra inoltre che il TASc può fornire una classificazione dello stato di attaccamento del terapeuta analizzandone la capacità di sintonizzazione in una singola seduta di terapia.
Questo risultato è di particolare interesse e merita un approfondimento. Punteggi così elevati (k=.81, p<.001) farebbero quasi supporre una sovrapposizione dei costrutti valutati dai due test: sintonizzazione e attaccamento. Ciò potrebbe essere spiegato presumendo che l’attaccamento del terapeuta possa influenzarne la comunicazione affettiva, ma per gli autori anche se questo fosse vero la correlazione tra AAI e TASc dovrebbe risultare ad ogni modo inferiore.
Talia et al. (2018) propongono una nuova ipotesi che apre interessanti spunti da approfondire: l’alta correlazione potrebbe essere spiegata se si intendesse lo stesso AAI come una misura della comunicazione affettiva anziché semplicemente una valutazione di come le rappresentazioni dell’attaccamento sono organizzate (Talia et al., 2018, p. 15). In altri termini gli autori suggeriscono di indagare sulla possibilità di pensare all’ AAI come ad uno strumento in grado di rilevare non solamente le rappresentazioni dell‘attaccamento, ma quanto invece di loro è “visibile” e misurabile, cioè le modalità espressive della comunicazione affettiva.
Alla luce di questa ipotesi, lo stile laconico ed emotivamente distanziante potrebbe essere visto come la modalità in cui l’oratore riesce a nascondere il suo affetto durante l’intervista. Allo stesso tempo lo stile preoccupato, un po’ caotico e troppo coinvolto potrebbe raffigurare un modo di comunicare gli affetti mentre si scoraggia l’ascoltatore dal mettere in discussione chi parla o cosa si è detto (Talia et al., 2014).
Gli autori non intendono negare che l’AAI rilevi anche le rappresentazioni dell’attaccamento di un individuo, quanto invece desiderano sollevare una riflessione che possa contribuire a capire se gli schemi di comunicazione che l’AAI valuta, sono specifici dei ricordi delle esperienze di attaccamento o se sono invece modelli di comunicazione più generali. In questo secondo caso, l’ipotesi potrebbe essere sostenuta dai quei dati di ricerca che mettono in evidenza le correlazioni tra AAI e altri costrutti che apparentemente appaiono estranei all’attaccamento quali ad esempio le relazione tra pari degli adolescenti (e.g. Zimmermann, 2004), la relazione tra studente-supervisore (Larose, Bernier, & Soucy, 2005), l’ingaggio degli adulti nei giochi strutturati (Feninger-Schaal et al., 2015) o anche la comunicazione degli stati interni del paziente nelle sedute terapeutiche (misurata dal PACS in Talia & Miller-Bottome, 2015).
Limiti del lavoro
Il lavoro presenta tre limiti principali che gli autori si propongono di colmare in studi successivi.
Il primo è attribuibile al numero ridotto di anni di esperienza clinica del campione di riferimento (range dai 2 ai 10 anni, media di 4). Le differenze nella sintonizzazione potrebbero essere meno evidenti in terapisti con più esperienza di quelli valutati nella ricerca, nella misura in cui gli anni di clinica aiutano anche chi possiede Modelli Operativi Interni insicuri a comportarsi in modo più sicuro (Talia et al., 2018, p. 15).
Il lavoro presenta tre limiti principali che gli autori si propongono di colmare in studi successivi.
Il primo è attribuibile al numero ridotto di anni di esperienza clinica del campione di riferimento (range dai 2 ai 10 anni, media di 4). Le differenze nella sintonizzazione potrebbero essere meno evidenti in terapisti con più esperienza di quelli valutati nella ricerca, nella misura in cui gli anni di clinica aiutano anche chi possiede Modelli Operativi Interni insicuri a comportarsi in modo più sicuro (Talia et al., 2018, p. 15).
Il secondo limite riguarda l’eventualità di una influenza dell’approccio psicodinamico nell’individuazione dei marker di codifica e, in conseguenza, delle associazioni tra attaccamento del terapeuta e sintonizzazione nelle sedute cliniche. Sebbene gli stessi autori sottolineano che i marker utilizzati nel TASc sembrano in linea con la maggior parte degli approcci terapeutici, si propongono in futuro di verificare se questi stessi indicatori sono condivisi anche da altri orientamenti.
In ultimo, il TASc non include una categoria corrispondente alla classificazione “irrisolto” dell’AAI ma potrebbe essere oggetto di un futuro studio.
Alla luce della teoria dell’attaccamento, il lavoro di Talia, Muzi, Lingiardi e Taubner (2018) apporta un contributo prezioso all’individuazione di specifici stili di sintonizzazione del terapeuta correlati all’attaccamento. Il TASc potrebbe avere importanti implicazioni sia nell’ambito della ricerca, che in quello della formazione psicoterapica se usato all’interno dei training e per le supervisioni cliniche.
In ultimo, il TASc non include una categoria corrispondente alla classificazione “irrisolto” dell’AAI ma potrebbe essere oggetto di un futuro studio.
Alla luce della teoria dell’attaccamento, il lavoro di Talia, Muzi, Lingiardi e Taubner (2018) apporta un contributo prezioso all’individuazione di specifici stili di sintonizzazione del terapeuta correlati all’attaccamento. Il TASc potrebbe avere importanti implicazioni sia nell’ambito della ricerca, che in quello della formazione psicoterapica se usato all’interno dei training e per le supervisioni cliniche.
Per gli autori, il monitoraggio dell’andamento del colloquio clinico beneficerebbe maggiormente dell’analisi delle sedute concrete rispetto allo studio dei resoconti riportati dai terapeuti.
Come per gli altri strumenti che analizzano i contenuti verbali, anche il TASC è soggetto alla cospicua perdita delle informazioni derivanti dalla comunicazione verbale. Questa perdita è però bilanciata dal vantaggio di esercitarsi costantemente a mantenere consapevolezza di sé nel dialogo clinico e a incrementare la capacità di riconoscere e modificare i propri interventi. Inoltre si potrebbero ampliare le l’opportunità di sviluppare modalità di intervento più specificatamente associate allo state of mind sicuro.
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