Dimaggio G. (a cura di) (2121), Affrontare il trauma. Verso una psicoterapia integrata, Apertamenteweb, Roma, 2121, pp.167, euro 28,00.
Perché leggere l’ennesimo testo sul trauma psicologico? Perché, dopo pochi anni da testi che sono diventati grandi classici sul tema, affrontare la lettura del libro curato da Dimaggio? Perché, dopo che praticamente ogni approccio, ogni scuola di psicoterapia ha pubblicato un proprio testo di riferimento, leggerne un altro, soprattutto se già troviamo in commercio l’opera dell’indirizzo che prediligiamo?
Rispondo a partire da un’osservazione che trovo nel capitolo di Wampold dal titolo ‘Un buffet di terapie a disposizione per il PTSD…’: “abbiamo abbandonato, o dovremmo farlo, l’idea che possiamo curare i problemi psicologici basandoci sul riscontro sperimentale che esista uno specifico deficit coinvolto in un determinato disturbo. I problemi psicologici sono troppo complessi per pensare che ci sia un deficit psicologico identificabile che può essere colmato da un particolare ingrediente terapeutico. Dovremmo pensare al fatto che lavoriamo con le persone, piuttosto che con dei deficit” (p. 88). Ecco che allora, invece di pensare di possedere l’unica chiave in grado di aprire la porta della guarigione dal trauma (ma in generale la guarigione dai disturbi psichici), lo psicoterapeuta contemporaneo deve coltivare curiosità, conoscenze e collaborazione verso altri approcci ugualmente validati scientificamente, senza ovviamente cimentarsi in funambolici eclettismi.
Colpire il trauma da diversi punti di vista, secondo specifiche metodiche utilizzate da diversi orientamenti, sembra, quindi, essere necessario e massimamente efficace, come riportano alcuni dati presenti nel testo. Il libro a cura di Dimaggio rappresenta proprio il tentativo di portare, alla conoscenza dei terapeuti, ciò che di nuovo e di utile si fa al di fuori del proprio recinto, esponendoli, a volte, ad affermazioni che possono risultare sorprendenti e che da principio possono disorientare un po’ il lettore. Pensiamo alla questione ‘esporre ai ricordi traumatici o meno’: alcuni orientamenti trattano il trauma nel primo modo, altri nel secondo. La risposta di quale sia la metodica più corretta ce la forniscono da una parte i risultati scientifici, che per esempio sembrano attestare che esporre ai ricordi traumatici non esarceba automaticamente i sintomi (come ci ricorda lo stesso Dimaggio nell’introduzione, a patto che contestualmente si veda l’evento da un punto di vista nuovo, fornendo nuovi punti di vista simultaneamente razionali ed emotivi in modo da rintracciare un nuovo significato alla vita dopo il trauma), dall’altro il modo stesso di funzionare del paziente che potrebbe preferire, esplicitamente o implicitamente, il lavoro sulle conseguenze del trauma senza ricorrere al recupero dei ricordi.
Ecco: credo che il pregio maggiore del volume sia proprio quello di fornire una prima conoscenza ‘dello stato dell’arte’ del trattamento sul trauma e, in questo senso, rappresenta una naturale integrazione al bel VideoCorso ‘La cura del trauma’ che ApertaMenteWeb propone ormai da qualche tempo. Rispetto al VideoCorso, infatti, nel testo troviamo alcuni approcci che in quello non sono trattati (per esempio quello della CMT o della Schema Therapy) e altri che sono approfond,iti (esempio l’appro,ccio TMI o quello EMDR).
Tornando al volume, devo riconoscere che già dall’introduzione si rivela sorprendente: l’excursus storico che, a partire da un’esperienza personale di enorme sofferenza, porta il curatore ad approfondire i dati scientifici avvince e ben predispone alla lettura dei diversi capitoli elaborati dai maggiori rappresentanti dei diversi approcci presentati. Nei capitoli 1-6 vengono presentati gli interventi di alcuni approcci davanti al PTSD (che nessuno osa, ovviamente, chiamare ‘semplice’): Terapia dell’Esposizione Prolungata (di cui presto uscirà un testo specifico per ApertaMenteWeb), Psicoterapia Interpersonale, EMDR, il ruolo delle Memorie IperGeneralizzate, il modello dell’Elaborazione Narrativo-Emotiva e la Schema Therapy. Il già citato capitolo di Wampold rappresenta, poi, un tentativo di riflessione sulle possibilità di integrazione dei diversi approcci. I capitoli successivi presentano altre scuole di psicoterapia alle prese, questa volta, con il PTSD complesso (la Psicoterapia Cognitivo Evoluzionista, la Control-Mastery Theory, la Terapia Metacognitiva Interpersonale). Ogni capitolo è arricchito dalla descrizione di un caso clinico trattato secondo lo specifico approccio presentato (notevole è il caso esposto nel capitolo 8, p. 95, dove l’approccio Cognitivo Evoluzionista interagisce con l’approccio EMDR, mostrando così nel concreto gli effetti benefici di quell’integrazione auspicata e sottesa fin dalle prime pagine del testo).
Tutto il volume è caratterizzati da un linguaggio semplice, a tratti colloquiale, e dà grande attenzione alle linee guida che le diverse organizzazioni internazionali indicano per il trattamento del PTSD, ma non per seguirle pedissequamente e considerarle come indiscutibili, anzi, spesso se ne sottolineano gli inevitabili limiti e parzialità. Leggendolo, dopo una prima fase di disorientamento dovuta ai numerosi e diversi approcci presentati, ci si rammarica della mancata traduzione in italiano dei testi citati in bibliografia (a questo proposito devo segnalare che a volte, purtroppo, non è possibile rintracciarne alcuni citati nell’elenco alla fine del libro).
Per concludere si raccomanda la lettura a tutti quei colleghi che, incontrando il trauma, si sono presto resi conto che il proprio punto di vista, per quanto preferito e produttivo, potrebbe essere potenziato dalla collaborazione con altri approcci: la ‘monogamia in psicoterapia’ sembra non essere vincente… si possono abbracciare più approcci con reciproca soddisfazione.
Massimo De Franceschi, psicologo psicoterapeuta
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