Recensione a cura di Francesco Bottaccioli
Università dell’Aquila e di Torino. Fondatore e Presidente on. SIPNEI
Cognitivismo e psicodinamica
(Tratto da PNEI REVIEW n.2/2018, pp. 134-136)
I cambiamenti in corso nelle principali correnti psicologiche, analizzati nel mio articolo in questo numero (in particolare vedi le pagine 83-93), hanno un antecedente di rilievo in un libro di Vittorio Guidano e Giovanni Liotti, pubblicato nel 1983 dalla Guilford Press di New York, col titolo Cognitive processes and emotional disorders. Il libro, dedicato a John Bowlby, con cui in particolare Liotti aveva costruito, in quegli anni, un intenso scambio, vinse il premio Guilford per il miglior testo di psicoterapia del 1983.
Adesso questo volume è stato per la prima volta tradotto in italiano da Marianna Liotti e curato da Cecilia La Rosa e Antonio Onofri che di Liotti sono stati allievi e amici. Il volume, con il titolo Processi cognitivi e disregolazione emotiva, edito da Apertamenteweb, è arricchito da una serie di brevi contributi da parte di esponenti di quel settore del cognitivismo italiano, che è stato profondamente influenzato dai due psichiatri romani formatisi alla Sapienza con Paolo Pancheri, di cui ricordo in particolare il testo Stress, emozioni, malattia, Mondadori 1983, fondamentale per la mia formazione e per la costruzione del discorso PNEI in Italia.
La scelta di pubblicare in italiano il libro di Guidano e Liotti, a distanza di 35 anni, non è stata una stravaganza o il rituale omaggio a due studiosi scomparsi, è una significativa operazione culturale, che mostra a tutto tondo il percorso originale che i “due ragazzi” (come li chiama Rita Ardito nella Prefazione all’edizione italiana) provarono a tracciare tra la psicoanalisi classica e il comportamentismo, conferendo al cognitivismo, che pur parve loro la scelta migliore, tratti del tutto peculiari rispetto all’ortodossia che si stava formando in USA e in Inghilterra.
Peculiarità che innanzitutto è di tipo teoretico. Di fronte alla povertà teorica del cognitivismo, Guidano e Liotti (ma in particolare il primo) mettono in campo concetti rivoluzionari, provenienti dalla filosofia della scienza della seconda metà del Novecento (Kuhn, Popper, Polanyi, ma soprattutto Lakatos), per cercare di descrivere le dinamiche della mente e la formazione della personalità. L’altro grande serbatoio teorico, cui attinge soprattutto Liotti, è quello delle ricerche sull’attaccamento di Bowlby.
Da questa base esce una visione della mente e della personalità organizzata su un “nucleo profondo, relativamente indiscutibile”, che si forma nelle prime fasi della vita, su cui si costruirà l’ “identità personale”, che influenzerà e sarà influenzata da “modelli che anticipano e simulano la realtà” e quindi “regole per l’assimilazione dell’esperienza e procedure di problem solving” (pp. 64-69). In questo contesto, le dinamiche inconsce (conoscenza tacita) e le emozioni entrano a pieno titolo nell’orizzonte dello psicoterapeuta, il cui obiettivo dichiarato, in questo libro, è “lo sviluppo dell’autoconoscenza” da parte del paziente. Un approccio che, soprattutto ai primi anni ’80, stride fortemente con il cognitivismo e con la sintesi cognitivo-comportamentale proposta dagli inglesi.
Certo, nel libro c’è una critica o, meglio, una presa di distanza dalla psicoanalisi, ma, come scrive Paolo Migone, che con Liotti ha avuto una lunga collaborazione e amicizia, vengono usati concetti psicodinamici senza citarli. Migone, su Psicoterapia e Scienze Umane (n. 3/2018, pp. 479-484) recensendo l’ultimo libro di Bruno G. Bara (Il terapeuta relazionale, Bollati Boringhieri, Torino 2018), ricorda che fece questa critica al libro di Guidano che meglio rappresenta la sintesi del suo pensiero La complessità del Sé, Bollati Boringhieri, Torino 1988. “Dopo aver elencato i concetti discussi nel libro, che a mio avviso erano identici a quelli psicoanalitici – scrive Migone- chiesi a Guidano come mai non avesse mai menzionato la psicoanalisi; lui non negò né ammise che vi erano equivalenze concettuali, ma disse semplicemente che non era tenuto a fare paragoni con la psicoanalisi, dato che, per sua precisa scelta, aveva voluto fare un percorso autonomo di ricerca” (p. 481).
Anche nel libro di Bara, esponente di punta del cognitivismo italiano, Migone ritrova le “innumerevoli influenze culturali della psicoanalisi”, anche se “a differenza di Guidano, Bara più volte menziona Freud e l’importante eredità che ci ha lasciato” (ibidem). Francamente, non mi pare poco, solo se si pensa alle bordate liquidatorie e sarcastiche verso la psicoanalisi che sono venute dal fronte cognitivista e dai suoi fan intellettuali nel corso degli ultimi decenni. Del resto, nello stesso mondo della psicodinamica, sono sempre di più i teorici insofferenti al dogmatismo delle scuole psicoanalitiche, giudicate “riduzioniste” “ideologiche” “narcisiste sul piano teorico”, come si può leggere in “Il progresso in psicoanalisi”, un bel saggio, da studiare e meditare, di uno psicoanalista di grande autorità come Morris N. Eagle, pubblicato nello stesso numero di Psicoterapia e Scienze Umane (pp. 359-382). Eagle chiude la sua riflessione invitando gli psicoanalisti a riconoscere “la parzialità della propria teoria, l’importanza del pensiero critico e l’apertura nei confronti delle scoperte delle altre discipline, per poter contribuire a una teoria integrativa che sia radicata nella clinica e anche nella ricerca empirica” (p. 378). È quello che si propone il libro Psychodynamic approaches to behavioral change di Fredric N, Busch, professore di psichiatria al Weill Cornell Medical College e docente del Centro per la formazione in psicoanalisi della Columbia University.
Un testo molto coraggioso che, come giustamente nota Peter Fonagy, “unisce gli opposti” e cioè la psicodinamica e il cognitivismo. Un libro che poco si sofferma sulle somiglianze e le divergenze teoriche tra le due tradizioni, facendo invece vedere, sulla base di concreti casi clinici, come i due approcci possono integrarsi e migliorarsi vicendevolmente. Insomma, libri che – accanto a quello di Antonio Damasio, discusso nel mio articolo in questo numero e a quello di Lisa Feldman Barrett How emotions are made, Boston 2017, che discuteremo prossimamente – segnalano un forte fermento trasversale nel campo delle scienze e delle professioni della mente, che ci auguriamo preluda a cambiamenti sostanziali della tradizione novecentesca, sempre più stantia.
Guidano V, Liotti G (2018) Processi cognitivi e disregolazione emotiva, Roma- Apertamenteweb pp. 380, € 34,00
Psicoterapia e Scienze Umane, Diretta da Galli PF, Bolko M, Migone P Franco Angeli 2018, vol. 52, n. 3, pp. 351-510, € 22,00
Busch FN (2019) Psychodynamic approaches to behavioral change, Washington: American Psychiatric Association Pub. pp. 164, € 43,00
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