VideoCorso ECM
Disturbi Bipolari: psicoeducazione, psicoterapia, EMDR (vai alla scheda del VideoCorso)
La complessità del disturbo, in Psichiatria, può mettere in forte discussione l’identità non soltanto del pz ma anche del professionista che, al cospetto della psicopatologia dello Disturbo Bipolare, può incontrare difficoltà non trascurabili nella organizzazione del lavoro di cura e trattamento. Apertamenteweb.com, confermando la correttezza e affidabilità della metodologia formativa, arriva in soccorso della prassi professionale nei confronti della cara e vecchia Psicosi Maniaco Depressiva.
Partendo dal concetto di Spettro in Psichiatria, inteso come un insieme di sindromi che sfumano una nell’altra, gradatamente, con affinità e sottintendendo un continuum ma anche una distinzione per qualità e quantità tra le sindromi stesse, il Corso propone un percorso di chiarimento e approfondimento, di scoperta e riflessione, sulle buone pratiche di lettura, interpretazione e intervento del Disturbo Bipolare (DB).
Con il DSM-5 si mostra sempre più chiaramente la necessità di integrare, nel lavoro in Psichiatria, l’ intervento psicofarmacologico, la necessità di psicoeducazione al paziente e alla famiglia, la valutazione della vulnerabilità e la gestione dell’impatto degli eventi stressanti, con una modalità sempre più accurata della cura, in primis, della relazione terapeutica col paziente stesso. Lo spettro bipolare si pone, non a caso, nel DSM-5, tra i capitoli dei “Disturbi dello spettro della Schizofrenia e altri disturbi psicotici” e dei “Disturbi depressivi”, denotando, come sottolinea il Dr. Onofri, la funzione di ponte del DB tra le 2 classi diagnostiche, in termini di sintomatologia, genetica e storia familiare. Il vissuto del paziente sofferente di DB può essere, a volte, proprio quello di sentirsi al limite tra l’esperienza depressiva, versante negativo, e quella maniacale, versante positivo. In entrambi i casi possono però presentarsi esperienze frammentanti appartenenti alla classe dei sintomi psicotici. Questa estrema variabilità rende variabile anche il supporto del clinico, supporto che dovrà affinarsi con l’esperienza e la conoscenza. Prescrivere un farmaco, per es., non è soltanto consegnare la ricetta ma educare il paziente all’effetto, sostenerlo già psicoterapeuticamente.
Ilario Mammone, nella lezione 7, con dovizia di particolari e suggerimenti bibliografici, ci parla ad ampio raggio proprio del monitoraggio della qualità della relazione al fine di migliorare 2 caratteri distintivi : l’empowerment, ossia l’acquisizione graduale di un funzionale sentimento di autoefficacia, autostima e autodeterminazione, la partecipazione attiva del paziente nella gestione della problematica, in un processo che vede rinforzarsi l’alleanza col medico, con lo psicoterapeuta, la famiglia, le Istituzioni e la recovery, intesa come la crescita del soggetto che può analizzare la propria esperienza del disagio in un percorso di riacquisizione di autonomia, ruolo sociale, gratificazione personale, “autoesame e cambiamento”, self-management.
Nelle lezioni 1 e 3, il Dr Onofri ci spiega che la diagnosi e le cure farmacologiche sono diventate più fini e se la lente d’ingrandimento del professionista non viene attivata sulla specificità del caso clinico e della persona affetta da Disturbo Bipolare, si rischia di disperdere le possibilità di cura e aumentare il rischio, importante, di suicidio e di perdita del benessere, di scadimento della qualità di vita. L’impatto sociale del Disturbo Bipolare può essere migliorato se valutiamo gli aspetti causali come fattori che si sommano nell’emergere della problematica. La produttività sociale, familiare e personale, può scadere notevolmente nello scompenso delle fasi depressive, ipomaniacali, maniacali e, ancora, nel disturbo ciclotimico. Disturbo, quest’ultimo, con maggiore percentuale di suicidi tra i DB. La percezione del paziente può imperniarsi, gradualmente, sulla sfiducia nel compenso e nell’equilibrio e sulla paura della ricaduta o della recidiva.
Ludovica Bedeschi ci offre 2 punti di vista fondanti: la valutazione neurobiologica, prima, nella lezione 2 e il lavoro con le famiglie, poi, nelle lezioni 5 e 6. Il primo aspetto non può più essere trascurato: “La confluenza di aspetti neurologici e di degenerazione”. Comprendere i substrati neurobiologici su cui si sviluppa la patofisiologia del Disturbo Bipolare , le alterazioni dei sistemi neurotrasmettitoriali, apre la porta alla individuazione delle terapie molecolari sempre più specifiche e dettagliate.
Ottenere, poi, la collaborazione delle famiglie nel miglioramento delle interazioni interpersonali, nella gestione delle ricadute, nel riconoscimento dei segni premonitori di switch, nella comprensione dei fattori di stress scatenanti, diventa un obiettivo imprescindibile.
Una delle bellezze di questo corso è che si comprende bene che non è facile parlare del Disturbo Bipolare ma più si va avanti e più compare l’ottimismo che la conoscenza e l’acquisizione di competenze multidisciplinari possa davvero aiutare i nostri pazienti. E si intravede, pure, un senso epistemologico nel quadro totale delle lezioni: se non abbracciassimo la consapevolezza dei limiti di ogni singolo intervento lasciato solo per dare spazio al creare un sistema di percezione da parte del professionista e del paziente della esperienza di malattia, di comprensione dello stato mentale reciproco, la frustrazione per entrambi sarebbe davvero eclatante e il rischio di drop out altissimo. Cosa succede se “il paziente non accetta l’idea di se stesso come individuo che necessita di attenzione e cure da parte di esperti?” Emerge così, lezione dopo lezione, la visione d’insieme, il bisogno di confronto tra i professionisti che intervengono sul caso, la consapevolezza che non possiamo semplificare o essere riduzionisti o ancor più semplicemente meccanicisti di fronte al DB.
Trovo molto utili le indicazioni date dall’intervento di “Terapia interpersonale e dei ritmi sociali-IPSRT” , lezione 8, nella individuazione di aree di funzionamento carenti su cui lavorare nel presente e riducendo la carica patogena degli eventi di vita che alterano i ritmi sociali e biologici. La base formata dalle considerazioni sulla vulnerabilità-stress propongono di non dimenticare mai la natura delle fragilità proprie del paziente, genetiche e familiari, su cui si innestano reazioni psicosomatosociali disfunzionali: ritmo circadiano e relazioni sociali abitudinarie su cui si regolarizzano i ritmi quotidiani.
Trovo affascinante il rimando sotteso alla PsicoNeuroEndocrinoImmunologia e allo studio della Psicotraumatologia, ambiti di Ricerca e di Clinica intimamente connessi allo studio degli stati psicopatologici maggiori, tra cui rientra il DB.
Antonio Onofri ci propone, quasi al termine, Lezione 9, un’ampia discussione sulla aggiunta della psicoterapia Cognitivo-comportamentale, basandosi sul modello della diatesi-stress , con cui ci si muove nell’ipotesi della causalità “multi-fattoriale centrata sui fattori di rischio e protettivi e sul modello biopsicosociale che cerca di integrare la vulnerabilità biologica con la percezione dello stress, la risposta allo stress e l’interpretazione soggettiva degli eventi negativi”. Il rimando continuo tra una lezione e l’altra crea un sistema di circolazione delle informazioni che permette, efficacemente, di rinsaldare la memorizzazione di alcuni importanti passaggi nella comprensione della vita di questi pazienti, affetta da perdite, trascuratezze, ipercriticismo, rifiuti affettivi, abusi, maltrattamento e così via. E allora perché non dirigersi all’ascolto attento e scrupoloso della necessità di prevenire le gravi disfunzioni da manie incontrollate o spiccate tendenze suicidarie? I suggerimenti di ausili di letteratura che arrivano dalle video lezioni sono davvero preziosi, dandoci l’idea che l’approccio al DB debba essere accurato nella competenza specifica.
A questo proposito si correla benissimo l’approfondimento sulla Terapia EMDR nel DB, ultima lezione del Dr Onofri, la 10. EMDR, campo di ricerca, clinica e trattamento in piena affermazione in quanto insieme strutturato di tecniche di intervento psicoterapeutico per aiutare i nostri pazienti più gravi.
L’approccio integrato proposto dal Corso può sicuramente determinare, al cospetto del paziente con DB, il raggiungimento di obiettivi molto importanti, consolidati anche con l’EMDR: ridurre il numero delle ricadute sintomatiche, ridurre lo stress percepito, migliorare la capacità di coping, riconoscere i segni prodromici dello switch, ridurre l’impatto dei trigger (instabilità emotiva, problemi cognitivi, sensazioni, emozioni, problemi sociofamiliari e lavorativi, ricordi, difficoltà di planning), mantenere standard di attività quotidiane, aumentare il sentimento di autoefficacia e l’aderenza alla farmacoterapia. Supporto , quest’ultimo, fondamentale.
Credo di poter concludere dicendo che, a volte, gli schemi disadattativi sono anche del curante. Ben vengano, quindi, queste fonti di aggiornamento che si integrano bene con le formazioni psicoterapeutiche di ogni Psichiatra o Psicologo e consente di personalizzare il percorso con protocolli ben consolidati dalla evidence based medicine.
E ricordiamoci che “la diagnosi è soltanto l’inizio di un processo di elaborazione e ridefinizione del senso di sé”.
Buon Per-Corso a tutti!
Andrea Polidoro
Psichiatra, Dipartimento di Salute Mentale di Civitavecchia – ASL RM4
Psicoterapeuta – Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica (SIPP)
Psicoterapeuta EMDR Italia, Istruttore Meditazione a orientamento Mindfulness (Centro Italiano Studi Mindfulness – CISM), Roma
a.polidoro9393@gmail.com
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