Deb Dana: La teoria polivagale nella terapia. Prendere parte al ritmo della regolazione, Fioriti Editore. Roma 2019, pp. 232, Euro 24.00
di Paola Castelli Gattinara
Sentirsi al sicuro è uno dei bisogni fondamentali per tutti gli esseri umani. Da un punto di vista neurofisiologico, la capacità di cogliere i segnali di pericolo e attivare risposte che ci permettano di sopravvivere è un compito affidato al Sistema Nervoso Autonomo (SNA). La teoria Polivagale di S.Porges ha ampliato la comprensione dei meccanismi che sottendono la nostra esperienza di sicurezza, offrendoci una mappa degli stati autonomici che si attivano di fronte a una minaccia e che vengono disattivati in assenza di rischi. Alla base del suo approccio c’è l’idea che siamo programmati per vivere in connessione con gli altri, attraverso meccanismi di coregolazione reciproca, che sostengono il nostro senso di appartenenza e sicurezza nei rapporti sociali. Lo stato autonomico che si attiva in questa condizione di calma e sicurezza è quello ventro-vagale. Quando, invece, entrare in relazione con gli altri non è più percepito come sicuro, l’attivazione del sistema simpatico mette in moto una reazione di mobilizzazione, attacco o fuga, che ci permette di difenderci dal pericolo; se la minaccia è tale da vanificare qualsiasi reazione, si attiva lo stato dorso-vagale che porta alla immobilizzazione e al collasso come ultimo baluardo per la sopravvivenza.
Secondo Porges, queste tre reazioni fisiologiche si innescano in modo gerarchico e si alternano a seconda del contesto ambientale e relazionale in cui ci troviamo.
Il libro di Deb Dana si pone un obiettivo ambizioso: esportare in ambito clinico e psicoterapeutico un approccio neurobiologico, favorendo una connessione mente-corpo che permetta al paziente di riconoscere e regolare i propri stati autonomici, in modo da arrivare a percepire un senso somatico di sicurezza. Partendo dal presupposto che esperienze traumatiche ripetute, soprattutto durante lo sviluppo, influiscano e modellino la capacità di regolazione emotiva e sensoriale innescando pattern di difesa cronicamente attivi, Dana propone una serie di esercizi basati sulla teoria polivagale atti a riconoscere e trasformare le risposte fisiologiche disadattive.
Nelle prime due sezioni del libro, l’Autrice aiuta il paziente a familiarizzare con il linguaggio della neurocezione, a riconoscere i propri stati autonomici e a tracciare una mappa del profilo personale delle proprie modalità abituali di reazione. Una volta che il paziente ha acquisito dimestichezza con le risposte fisiologiche del suo corpo imparando a muoversi, come su una scala, fra i diversi stati di attivazione, è possibile aiutarlo a promuovere quella condizione di calma e connessione sostenuta dallo stato ventro-vagale.
Gli esercizi proposti nella terza e quarta parte del libro sono volti a facilitare una comprensione più profonda delle risposte di sopravvivenza e a rimodellare risposte abituali di difesa alla luce del contesto presente. L’obiettivo è quello di aumentare la capacità del paziente di sintonizzarsi in modo non critico sui suoi stati corporei, di apprezzare l’utilità dei diversi stati di attivazione e di accrescerne la flessibilità in modo da raggiungere una regolazione più funzionale e adattiva.
L’attenzione al linguaggio del corpo percorre tutto il lavoro di Dana, che sottolinea come la relazione terapeutica stessa abbia una grande importanza nel favorire la costruzione di un ambiente sicuro, presupposto imprescindibile per modificare quelle esperienze traumatiche che sono sottese dai profili di attivazione fisiologica disfunzionali. Il terapeuta viene invitato, pertanto, a monitorare continuamente i segnali autonomici che egli stesso invia, quali lo sguardo, il sorriso, i gesti, ma anche l’ambiente fisico dello studio. Se i segnali sono di sicurezza, il Sistema Nervoso Autonomo del paziente si calma e si connette portando ad una coregolazione e a un ingaggio attivo nel processo terapeutico, altrimenti sarà facile che si mobilitino risposte di protezione che non permetteranno quel processo trasformativo nella direzione della sicurezza personale e interpersonale.
La ricchezza degli esercizi proposti e la loro semplicità di attuazione, rendono questo libro un contributo ricco di spunti per i clinici che si occupano di trauma in una prospettiva bottom up, purtroppo da un punto di vista teorico e metodologico, l’approccio di Dana appare un po’ troppo appiattito su un linguaggio solo neurofisiologico facendo perdere la dimensione dell’esperienza soggettiva della persona. Questo aspetto, inoltre, è probabilmente accentuato da una traduzione che in diversi punti appare forse troppo letterale o approssimativa.
Paola Castelli Gattinara
Psicologa, Psicoterapeuta SITCC, Supervisore EMDR, Centro Clinico de Sanctis Roma.
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